20140223 TEDx Verona Gran Guardia 357 Spettacoli

Tecnologia, intrattenimento e design (sostenibili) al primo TEDx Verona


Domenica si è svolto il primo TEDx al Palazzo della Gran Guardia: Auditorium gremito di pubblico appassionato e attento, relazioni accattivanti divertenti allestimenti eco compatibili, organizzazione attenta alla sostenibilità e al sociale, bellissima atmosfera (e ottimo pranzo a km 0). Speriamo sia il primo di una lunga serie di TED a Verona!

La mia frase preferita tra gli interventi seguiti è di Maurizio Denaro:

La diversità è la chiave dello sviluppo

Vedi anche TED a Verona con il pensiero laterale

VERONA. Sarà un evento all’insegna della sostenibilità e dell’attenzione al sociale quello che si terrà il 23 febbraio 2014 in Gran Guardia, in piazza Bra. La conferenza TEDxVerona, primo TEDx italiano certificato a emissioni zero, ha effettuato scelte consapevoli sin dalle sue fasi organizzative. Ne sono esempio le magliette fornite da Progetto QUID, start up veronese che realizza abbigliamento riutilizzando capi scartati dai produttori; il programma dell’evento, stampato a mano e su carta riciclata ed esente da ogni trattamento chimico dalla tipografia Lyno’s Type nata dall’acquisizione di un laboratorio storico di Verona da parte di giovani imprenditori.
In pieno spirito TED, dalla collaborazione di diverse realtà sono scaturite nuove sinergie: la realizzazione di tutto l’allestimento di TEDxVerona, dal palco agli arredi, nasce dall’inventiva di Reverse, impresa sociale dedita all’architettura d’interni che fa uso di scarti della produzione di imprese del territorio, che ha affiancato i ragazzi dell’Istituto di Design Palladio nell’ideazione e produzione di quello che sarà un percorso interattivo che gli studenti hanno creato per rendere ancor più unica l’esperienza di questo primo TEDxVerona.
Ancora una volta protagonista è il sociale con le welcome bag che saranno consegnate ad ogni partecipante all’evento. Fatte a mano dalle carcerate di Made in Carcere, un progetto di Officia Creativa, cooperativa sociale di Lecce, sono un «manufatto di valori»: questo il motto di una realtà che tramite oggetti «futili ma utili» promuove valori etici tra persone che devono trovare una strada per emergere da situazioni difficili. I tessuti di partenza sono scampoli destinati allo smaltimento provenienti dalle aziende del tessile italiane, ancora una volta materiali di riuso, perché nulla vada sprecato.
Scelte accurate sono state effettuate anche nella definizione del menù della pausa pranzo: prodotti tipici del territorio, alimenti a «km zero», vini della valpolicella della cantina Allegrini. Grazie alla partnership con Cloros srl, sarà effettuato il calcolo delle emissioni di Co2 che saranno compensate anche attraverso interventi certificati secondo standard internazionali riconosciuti (come per esempio il Gold Standard) che garantiscano benefici concreti e misurabili non solo a livello ambientale, ma soprattutto socio-economico nei confronti delle realtà dove vengono attuati. (fonte)

 

‘L’avventura come sinonimo delle possibilità’, Alex Bellini al TEDx Verona

di Serena Santoro, Maria Pozzato

Il Referendum ha seguito l’evento del TEDx Verona e gli interventi dei relatori. Tra questi Alex Bellini, classe 1978, sportivo di fama internazionale. Bellini è noto per le sue imprese estreme, tra cui le traversate oceaniche a remi in solitaria. Il Referendum ha voluto intervistare questo ‘avventuriero’ che è la lampante dimostrazione di come i limiti esistano per essere superati.

Cos’è per te il lateral thinking, dato che è il tema di questo TEDx?

È pensare alle possibilità, cercando di guardare in un modo sistemico, non concentrarsi sul problema, ma cercare di esplorare tutte le varie combinazioni possibili di risultati. Alla fine abbiamo scelta, possiamo scegliere su cosa concentrarci.

Alex Bellini in una delle sue imprese estreme
(Fonte: startupover.com)

Non hai timore che questi tipi di eventi e conferenze risultino una moda? È una cosa che si può realmente applicare il lateral thinking?

Non ci vedo niente di male. È molto più semplice continuare a pensare o a fare così come abbiamo sempre fatto, ma laddove un evento ispira le persone o le provoca, c’è chi risponde alla provocazione mettendo le mani avanti oppure chi la coglie.

Perché pensi di essere stato invitato al Tedx? Perché hanno pensato a te?

Questa è una bella domanda. Non so rispondere. Certo è una delle esperienze che può fare immaginare le possibilità. Alla fine l’essere avventuriero è di per sé un’espressione del lateral thinking, perché nella mia vita facevo altro prima: studiavo Scienze Bancarie ed ero una persona dentro un’altra cornice. Poi mi sono domandato cosa potesse esserci di alternativo e magari un po’ più in sintonia con i miei valori e ho scoperto che fare avventure era la cosa che mi appagava di più.

La spinta ad intraprendere questo tipo di vita, una vita avventuriera in ogni campo, credi possa derivare dall’aver fatto prima un tipo di vita restrittivo? Si può parlare di una scoperta sulla via di Damasco, di una sorta di sconvolgimento?

Credo che ci sia sempre un fattore di disequilibrio. Nel senso che, se due fluidi in due vasi comunicanti sono in equilibrio, non c’è necessità di cambiamento. Dove si crea uno scompenso, lì si è chiamati a cambiare e a prendere in considerazione varie ipotesi. Non è un caso che i grossi cambiamenti della nostra vita li facciamo a seguito di momenti traumatici, perché di per sé quelli creano disequilibrio e quindi si deve andare a supportare questo disequilibrio con un altro equilibrio. Se una persona si blocca al disequilibrio, è psicopatica. C’è comunque un fattore di comodità che anestetizza questa ricerca.

In quello che fai tu, in queste imprese estreme, quanto bisogno hai di una ricerca interiore? Al di là dello sport, c’è anche una tua ricerca in questo senso?

Sì, c’è molta ricerca, oltre allo sport che è la mia vita quotidiana. C’è il piacere di fare qualcosa che mi porta a contatto con me stesso, un po’ più vicino. Quindi torno a casa e ho la sensazione di conoscermi un po’ di più.

Lo sport, tu che lo conosci, ti dà anche una sorta di autodisciplina. Quanto può aiutare in questa crescita? Dà una marcia in più fare sport, oppure è efficace solo se lo intraprendi in un certo modo?

È un gioco che ti fa entrare dentro un ruolo in cui, per starci dentro, devi approcciarti con una certa disciplina e un certo rigore. Io credo che insegni molto. A qualunque livello lo sport ti insegna a posticipare il senso della soddisfazione legato ad un risultato, a godersi il cammino senza guardare alla gratificazione finale, che deve essere invece una conseguenza dell’impegno.

Qual è stata l’esperienza che ti ha segnato di più? E quante volte e in che modo il tuo autocontrollo è stato messo in discussione?

L’autocontrollo si mette in discussione tutte le volte in cui abbandono la terra e le sicurezze. Bisogna cercare di trovare un equilibrio tra le varie contraddizioni che ci sono in noi stessi, tra la parte che vorrebbe lasciare e la parte che vorrebbe tenere ed è sempre un gioco delle parti. È vero che sono da solo, però alla fine inizio a dialogare con la parte di me stesso che mi vorrebbe invece a casa.

Lo sport è la quotidianità per Alex Bellini
(Fonte: startupover.com)

Tu scappi dalle cose quotidiane e poi invece, lì in mezzo al nulla, le ripensi con piacere e forse le apprezzi anche di più.

Sì, per esempio, io non amo per niente il Natale e quindi nemmeno tutti i regali e tutto ciò che c’è intorno al Natale. Però nel momento in cui sono mesi e mesi che sono in mare penso “una cena di Natale adesso me la farei”. E quindi capisci che sei meno speciale di quello che credevi. Sei una persona molto più simile agli altri che ti stanno attorno.

Nella normalità, quando fai le tue azioni quotidiane, quando non sei in mare, riesci comunque a guardare oltre oppure solo il mare ti fa questo effetto? Come cambia il tuo atteggiamento?

Ci sono alcune condizioni. È vero che ci sono alcune situazioni che le replico tali e quali sia in mare che a terra, però è il contesto che ti porta e ti spinge ad agire. È sempre un ruolo che giochiamo, sono le tante maschere che uno si porta. Con la mia famiglia non sono certo come sono quando sto in mare. Non è faticoso, è la cosa più normale che puoi portare avanti. Quando riesci ad integrare tutte le maschere, quando riesci ad accettare di essere quello che sei nelle tue imperfezioni, diventi potente. Non è l’essere intrepido e coraggioso sempre. Perché essere coraggioso sempre e non lamentarsi mai o avere sempre un’attitudine proattiva verso le cose è estremamente dispendiosa dal punto di vista energetico. Quindi ci sono situazioni in famiglia in cui io sono il medio man. Questo sono anche io e in mare scopro di essere anche questa persona. Arriva il momento in cui vivi un forte momento di panico e pericolo che il tuo essere normale emerge perchè non sono un eroe e non lo sono neanche nelle situazioni difficili.

Neltuo intervento hai parlato non di obiettivo sbagliato, ma di strategia sbagliata. Come si fa ad individuare la strategia giusta? C’è un modo?

Il modo c’è. Io l’ho trovato nel cercare di interrogare le persone attorno a me o attorno a noi nel cercare di apportare la loro visione del mondo. Perché finchè continueremo a cercarla noi la soluzione continueremo a relazionarci col mondo basandoci sul nostro punto di vista. L’individuo è miope perché ha una sola prospettiva, il team invece può fornire una visione più ampia e strategica, non si concentra sugli alberi, ma vede la foresta. Laddove c’è condivisione emergono le possibilità e le varie strategie. Non bisogna essere individualisti o gelosi delle proprie idee. Essere gelosi delle proprie idee non porta nulla di buono, porta all’implosione perché si arriva ad un certo punto in cui si vive qualcosa che non si sa gestire. E questo vale anche con le avventure. E’ un po’ come se fossi all’interno di un vasetto di marmellata: il team ti fa vedere che c’è anche l’ etichetta e c’è un vasetto, che non è tutta marmellata. Se esci dalla marmellata vedi che c’è il vasetto con la sua etichetta, vedi il contesto. Spesso è molto meno peggio di quanto noi che ci siamo dentro crediamo che sia. (fonte)