Sonia Bergamasco, L’uomo seme
Teatro Camploy di Verona
Rassegna L’Altro Teatro
Giovedì 25 gennaio 2018, ore 20.45
L’uomo seme
racconto di scena ideato e diretto da Sonia Bergamasco
da L’uomo seme di Violette Ailhaud (traduzione di Monica Capuani)
drammaturgia musicale a cura di Rodolfo Rossi e del quartetto vocale Faraualla
con: Sonia Bergamasco, Rodolfo Rossi, Loredana Savino, Gabriella Schiavone, Maristella Schiavone, Teresa Vallarella
scene e costumi Barbara Petrecca
luci Cesare Accetta
cura del movimento Elisa Barucchieri
assistente alla regia Mariangela Berardi
costumi realizzati presso la sartoria del Teatro Franco Parenti diretta da Simona Dondoni
Produzione Teatro Franco Parenti/Sonia Bergamasco
Tratto da L’uomo seme di Violette Ailhaud (1836-1925) scritto nel 1919 quando l’autrice aveva ottantatré anni.
In un villaggio di montagna dell’Alta Provenza, all’indomani della Grande Guerra, tutti gli uomini sono morti. Il paese è abitato solo da donne e bambini. Violette Ailhaud, testimone dei fatti, trova le parole per raccontare di quando, sedicenne, il suo villaggio aveva vissuto un’identica tragedia: tutti gli uomini, dichiaratamente repubblicani e quindi ostili a Luigi Napoleone Bonaparte, erano stati arrestati o deportati. In cima alle montagne, racconta Violette, quella comunità di sole donne strinse un incredibile patto per la vita: quello di dividersi il primo uomo che fosse apparso all’orizzonte.
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Meritatissimi applausi
Sonia Bergamasco è nata a Milano, dove si è diplomata in pianoforte presso il Conservatorio Giuseppe Verdi, e in recitazione presso la Scuola del Piccolo Teatro. Debutta nell’Arlecchino servitore di due padroni di Giorgio Strehler, ed è la Fatina dell’ultima edizione teatrale e televisiva del Pinocchio di Carmelo Bene. A teatro ha lavorato anche con Theodoros Terzopoulos, Massimo Castri e Glauco Mauri.
2001 è interprete e regista di spettacoli in cui l’esperienza musicale si intreccia più profondamente con il teatro. Nel corso della lunga collaborazione artistica con il compositore Azio Corghi interpreta ruoli di cantante-attrice presso le principali sale da concerto italiane. Nel ruolo di Elvira nell’opera Il dissoluto assoluto su libretto di Jose Saramago, è al Teatro Sao Carlos di Lisbona nel 2005 e alla Scala di Milano nel 2006. Al Teatro San Carlo di Napoli, nel settembre 2017, è interprete e autrice della narrazione di scena nella versione da concerto del Fidelio di Beethoven diretta da Zubin Metha. In duo con il musicista Emanuele Arciuli interpreta un vasto repertorio per voce e pianoforte.
Premio Duse 2014 per il suo lavoro d’attrice, nel 2015 è regista e interprete dello spettacolo Il ballo (tratto dal racconto di Irène Némirovsky). Nel marzo 2017 debutta come regista al Piccolo Teatro in una nuova produzione intitolata “Louise e Renée”, ispirata a “Memorie di due giovani spose” di Balzac, di cui Stefano Massini cura la drammaturgia originale.
Protagonista, nel 2001, del film L’amore probabilmente di Giuseppe Bertolucci. Nastro d’argento 2004 come attrice protagonista nel film La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana; lavora anche con Bernardo Bertolucci in Io e te, con Giuseppe Piccioni in Giulia non esce la sera, con Franco Battiato in Musikanten e Niente è come sembra. E’ la Regina madre del film Riccardo va all’inferno, di Roberta Torre.
Ottiene il Premio Flaiano come miglior interprete nel film De Gasperi, di Liliana Cavani e sempre per la televisione riscuote grande successo nelle innovative e fortunate serie Tv Tutti pazzi per amore, Una grande famiglia dirette da Riccardo Milani e nel Commissario Montalbano, in cui interpreta il ruolo di Livia.
Per il film Quo vado?, diretto da Gennaro Nunziante, vince nel 2016 il Premio Flaiano come interprete dell’anno, il Premio Alida Valli come migliore attrice non protagonista al Bari International Film Fest e il Premio CIAK d’oro.
Madrina della 73^ Edizione della Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia.
fonte http://www.soniabergamasco.it/italiano/biografia/biografia.html
AL CAMPLOY. Questa sera alle 20.45 per la rassegna «L’altro teatro» va in scena il monologo «L’uomo seme»
Bergamasco, donne e bambini
la forza che fa rinascere un paese
Simone Azzoni
L’attrice e regista: «Appena ho letto questo breve testo, ho pensato che dovevo portarlo sul palcoscenico con il quartetto Faraualla per far sentire la lingua musicale del popolo»
Simone Azzoni In un villaggio di montagna dell’Alta Provenza, all’indomani della Grande Guerra, tutti gli uomini sono caduti in battaglia. Il paese è abitato solo da donne e bambini. Violette Ailhaud, testimone dei fatti racconta. Da quel racconto è nato un libro, L’uomo seme, tradotto in Italia da Monica Capuani e uno spettacolo che, grazie all’associazione Are We Human vedremo questa sera al Camploy alle 20.45. Il lavoro ha debuttato il 16 alla Triennale di Milano, regista e interprete è Sonia Bergamasco.«L’uomo seme è un piccolo testo, un libricino tradotto in Italia la casa editrice Playground. Appena l’ho letto ho pensato che dovevo raccontarlo assieme alle quartetto vocale Faraualla che io già conosco da molti anni per il loro lavoro musicale. È la loro prima volta sul palcoscenico, così abbiamo lavorato molto sul gesto. Questo non è un racconto con musica, ma in cui la lingua musicale, del popolo entra prepotentemente. È una festa, loro esprimono una lingua primaria. L’unica figura maschile, è quella di Rodolfo Rossi, un maniscalco che in scena produrrà battiti, rumori con oggetti contundenti».Utopia o realtà questa comunità di donne?La sento come una forma di realtà, perché tutto questo è già successo. Lo spirito della comunità è il valore assoluto. Qui si dice la forza e l’energia della comunità femminile che si assume la responsabilità con orgoglio ed energia e la voglia di ridare vita al villaggio. La forza in gioco, è una forza primaria, di aggregazione per ricominciare. Quali tabù vengono abbattuti e dov’è la forza rivoluzionaria?C’è una necessità assoluta. Un patto e una decisione di andare oltre, oltre la complessità dei sentimenti: gelosia, timore, paura, desiderio di possesso. Occorre andar e oltre tutto questo. «Conosco la sua fame ma non so cosa fare. Eppure conosco le cose dell’anima», dice la protagonista. Che femminile emerge?È un femminile di lavoratrici, di donne che non nascondono le fragilità ma hanno una energia naturale. È un femminile legato al ciclo naturale, al tempo della natura, alla rigenerazione dei campi. La protagonista poi è desiderosa di raccontare il vuoto e fare spazio ad un presente diverso e ricominciare, ma assieme. Il motore drammaturgico è l’attesa o l’amore?C’è il tema dell’attesa, ma dietro tutto questo c’è un patto per la vita, fatto tra donne che dimostrano di saper andar oltre il particolare e l’individuale.Cosa significa raccontare dopo aver letto e trasformare in ascolto al pagina scritta…?La magia di una parola essenziale e potentissima, chi racconta lo fa in forma diaristica e memoriale. È una storia che ci tocca, sento che chiunque la legge e poi viene a vedere lo spettacolo resta stregato da questa storia grande e semplice. È cronaca vera o fantasia?Non lo so. Credo che sia vero, anche se non fosse vero, è un racconto verosimile e comunque è storia e cronaca e di centinaia di villaggi sparsi per l’europa all’indomani di una guerra in cui restano solo donne e bambini e gli uomini non ci sono più.Qual è il significato dell’albero in scena?La scenografa e costumista Barbara Petrecca lo ha pensato come luogo centrale attorno al quale si irradia l’azione, i rami possono essere mossi. Noi stesse muoviamo ai lati. È un albero casa, si legge, si dorme si parla, si appendono panni, un albero vivo.Ha mantenuto il doppio sguardo: regista e attrice?È stato faticosissimo, mi trovo a dirigere non solo me stessa. La regia è assolutamente mia, ma condivisa da tutte le persone. Che hanno aderito con generosità e personalità forte.
Biglietti disabile+accompagnatore
La rassegna ha sottoscritto il manifesto dei teatri accessibili e ha aderito all’iniziativa Teatri 10 e lode promossa dall’Associazione disMappa: compatibilmente al numero dei posti riservati, disabile e accompagnatore potranno assistere a ogni spettacolo al prezzo speciale di 10 euro.
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Teatro Camploy di Verona
Telefono: 045 800 9549
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