castelvecchio verona adige Teatro

Sogno di un uomo ridicolo sulla terrazza di Castelvecchio


Questa sera alle 21,15, terrazza sull’Adige del Circolo Ufficiali a Castelvecchio

“Sogno di un uomo ridicolo” di Dostoevskij

Sogno di un uomo ridicolo – Promo from Luca Caserta on Vimeo.

Di rassegna in rassegna il Sogno di un uomo ridicolo di Dostoevskij del Teatro Scientifico

Scritto da Cinzia il 6 Luglio 2013

Sogno di un uomo ridicolo di Fëdor Dostoevskij, sarà il 6 e 7 luglio alle 21.15 a Forte S. Caterina, Rassegna  Operaforte e il 9 luglio alle 21.15 a Verona, Castelvecchio, Circolo Ufficiali, Terrazza sull’Adige per la Rassegna Povero Teatro.

Il racconto di Dostoevskij, prodotto dal Teatro Scientifico con regia e interpretazione di Francesco Laruffa, è una lucida e possente parabola che va dritta al cuore della natura umana. Il protagonista, la notte in cui decide di uccidersi, si addormenta, “sogna” il suo suicidio e, dopo la morte, un’altra vita su di un pianeta identico al nostro, una sorta di Eden in cui gli uomini vivono in un’armonia assoluta. Ma in sogno accadrà qualcosa che, una volta sveglio, cambierà la sua esistenza.

“Sono partito da un’immagine –dice Laruffa- questa immagine volevo che rappresentasse una costrizione, una impossibilità; e ho provato a realizzarla legando il protagonista ad una sorta di lapide/sudario per tutta la durata dello spettacolo e scegliendo un repertorio sonoro che accrescesse il senso di questa struggente solitudine. La bianca lapide/sudario che spicca nel buio, dalla quale l’Uomo ridicolo fa uscire il suo fiume di parole, diventa un luogo ancestrale, immutabile, metafora dei limiti della condizione umana”.

Lo spettacolo replica a Verona dopo la tournée invernale e sarà presente a ottobre a Torino al Festival  “Il sacro attraverso l’ordinario”. Francesco Laruffa lavora da alcuni anni col Teatro Scientifico. Torna a Verona dopo aver concluso le repliche dell’ “Edipo re” al Teatro Greco di Siracusa per la regia di Daniele Salvo, del cui cast faceva parte accanto a Ugo Pagliai, Laura Marinoni, Daniele Pecci.

Sogno di un uomo ridicolo 
di Dostoevskij
Verona, Forte S. Caterina, Via del Pestrino – 6 e 7 luglio ore 21.15
Verona, Circolo Ufficiali Castelvecchio, Terrazza sull’Adige – 9 luglio ore 21.15

Info:
Teatro Scientifico – Teatro Laboratorio
045 8031321 – 346 6319280
http://www.teatroscientifico.com/

[learn_more caption=”Il sogno di un uomo ridicolo – Wikipedia”]

“Sono un uomo ridicolo.

Adesso poi loro dicono che sono pazzo…” [1]

L’opera narra di un sogno che il protagonista fa all’età di quarantasei anni, probabilmente in uno dei suoi momenti di profonda e tragica introversione.

Una notte il protagonista prende la decisione di togliersi la vita, dopo aver fissato in uno squarcio di cielo limpido una stella lucente che sembrava suggerirgli proprio questo terribile atto.

Dopo aver preso la sua decisione s’imbatte in una bambina che piange disperata e che invoca il suo aiuto; la sua mamma sta per morire e nessuno corre in loro soccorso. Ma il protagonista la scaccia con brutalità e con l’ostentata indifferenza di chi, avendo deciso di farla finita, non vuole minimamente preoccuparsi dell’altrui sofferenza. Così torna alla sua abitazione, una bettola piena di ubriaconi e continue risse. Nella sua camera comincia a riflettere sugli accadimenti occorsigli, accorgendosi d’aver provato compassione e pietà per la povera bimba incontrata per strada. Così la compassione provata per lei lo distrae dal suo proposito autodistruttivo, tanto da pentirsi e vergognarsi del suo atteggiamento.

A questo punto giunge ad una sua “Visione della Verità” attraverso un sogno. Nel sogno si suicida per davvero e senza dolore si crea un immenso buio attorno a sé, vivendo in ogni aspetto la sua morte (le persone che accorrono, la sua sepoltura) che avverrebbe nella palazzina in cui vive. Poi grazie ad un essere misterioso (un angelo?) viene trasportato nell’immensità dell’universo, lontano dall’odiata Terra, passando accanto a Sirio. Nel corso del viaggio Fedor si rende conto che anche dopo la morte continuiamo ad esistere, anzi siamo costretti a rinascere in qualche altro angolo remoto dell’universo.

Mentre torna a rimembrare il dramma della povera bambina, il misterioso compagno di viaggio esclama: Vedrai Tutto. Quindi l’angelo lo abbandona, mentre Fedor rinasce in una nuova Terra molto simile alle condizioni primordiali descritte nelle sacre scritture, come una sorta di età dell’Eden. In questo Eden gli uomini vivono senza scienza razionale, parlano e dialogano tra di essi come con gli alberi, le piante e gli animali. Non esistono relazioni burocratiche, sfide, invidia, malizia o gelosia, e i figli erano figli di tutti e tutti avevano più madri e più padri contemporaneamente: tutta la comunità umana era un’unica grande famiglia.

Gli abitanti della nuova terra non hanno luoghi di culto ma sono coscienti della vita eterna così come hanno “una continua coscienza dell’universo intero” e credono che la morte non sia altro che una porta che aprisse ad una comunicazione ancora più vasta e completa con tutto il Creato.

Fedor continua a sognare divenendo sempre più convinto che non stia solo sognando, ma vivendo in una vera e propria “altra dimensione”. La sua presenza quindi trasmette loro il “bacillo” della corruzione: la menzogna, la malizia, la sensualità, la vanità. la gelosia e l’invidia, che favoriscono lo spargimento del primo sangue.

Sorgono così le idee di onore e le coalizioni contrapposte, nonché il seme della vergogna della nudità. Si iniziano anche a parlare diverse lingue, e dopo la conoscenza del dolore e del piacere, nasce pure la necessità della pena di morte per i criminali violenti. Da allora credettero che la scienza li avrebbe resi saggi poiché avrebbero riscoperto le leggi della felicità.

Dopo aver compreso che la sua stessa presenza ha corrotto “l’umanità sosia”, chiede di farsi uccidere estirpando così la causa prima della corruzione. Ma nessuno credeva nelle sue parole, fu a quel punto che si risvegliò dal sogno…

Dopo quel sogno Fedor decise di dedicare la propria vita alla predicazione della Verità, convinto di averne avuto la perfetta visione e sicuro che il Male, la corruzione e la degenerazione non possano essere la condizione normale dell’umanità: “Quella bambina poi l’ho rintracciata… E mi metterò in cammino, mi metterò in cammino!”.[2]

Edizioni italiane

trad. Decio Cinti, Milano: Sonzogno, 1939

trad. Eva Amendola Kühn, Roma: La voce, 1919; Milano: Rizzoli, 1953

trad. Eridano Bazzarelli, in Racconti e romanzi brevi, Milano: Mursia, 1962

trad. Bruno Del Re e Pietro Zveteremich, in Crotcaja e altri racconti, Milano: Bompiani, 1966

trad. Gianlorenzo Pacini, in Il romanzo del sottosuolo, Milano: Feltrinelli, 1974

trad. Luigi Vittorio Nadai, in Racconti, Milano: Garzanti, 1988; Milano: Il Sole 24 Ore, 2011

trad. Giovanna Spendel e Grazia Lombardo, Milano: Mondadori, 1995

trad. Marilena Salvarezza, Milano: Opportunity books, 1995

trad. Pierluigi Zoccatelli, Roma: Newton Compton, 1995

trad. Giorgio Brianese, Milano: Gallone, 1998 (con il titolo L’uomo ridicolo)

(fonte)

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