Rufus Wainwright @ Teatro Romano di Verona
Il grande Rufus Wainwright in concerto al Teatro Romano, primo appuntamento del Festival Rumors; il cantante ha ricevuto il riconoscimento dalla Città di Verona, consegnato dall’Assessore Anna Leso
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TEATRO ROMANO. Stasera alle 21 via alla quarta edizione di Rumors con il cantautore canadese in «Intimate Judy»
Rufus, omaggio a Shakespeare
E poi il recital su Judy Garland
Beppe Montresor
All’artista sarà consegnata la targa della città di Verona per il suo lavoro sui Sonetti e per l’impegno nella promozione dell’arte e della cultura
Per chi ancora non lo conosce, abbiamo la sensazione che sarà una grande sorpresa, la scoperta di un talento vero, ad ampio respiro come ce ne sono pochi. Ad aprire stasera alle 21 al Teatro Romano la quarta edizione di Rumors – Illazioni Vocali, Elisabetta Fadini, ideatrice e direttore artistico del Festival, ha chiamato Rufus Wainwright, cantautore e performer a tutto tondo, nonché progressista a 360°, impegnato a sostenere le nuove battaglie del terzo millennio, come per i matrimoni gay e la salute ecologica del pianeta. La città di Verona gli conferirà una targa (a firma di Flavio Tosi, gli verrà consegnata dall’assessore alle Politiche Giovanili e ai Servizi Sociali, Anna Leso), per il suo lavoro dedicato ai Sonetti di William Shakespeare (il relativo album, Take All My Loves, è uscito giusto l’altro ieri), e per il suo impegno nel promuovere l’arte e la cultura nel mondo. Cantautore atipico, dunque, Rufus Wainwright, stilisticamente quasi ‘debordante’, così da sfuggire a qualsiasi categorizzazione stilistica tradizionale, sicuramente lontano dalla tradizionale immagine del songwriter americano che s’incammina lungo la strada solitaria, chitarra a tracolla e aspetto vissuto. Intanto Wainwright, 43 anni, è cresciuto in Canada, a Montreal, anche se è nato nelle vicinanze di New York. Nel suo caso, però, contano molto i geni trasmessi da papà e mamma. Il papà di Rufus, Loudon Wainwright III °, discendente addirittura da Peter Stuyvesant (il primo grande governatore di New York, da cui il nome di un quartiere di Brooklyn) appartiene a sua volta a quella genìa di cantautori inclassificabili (a noi è capitato di vederlo sulla scena in cartellone con un altro bizzarro, geniale perenne outsider, Leon Redbone) da cui il ragazzo ha ereditato almeno un prepotente sense of humor intriso di arguzia. Ma più di papà, Rufus è dotato di una vocalità e di una naturale musicalità davvero stupefacenti, che sa applicare alle situazioni più diverse, da performer a tutto tondo, come dicevamo. C’è quasi sempre un retrogusto malinconico, nella sua bella voce piena di sfumature, e talvolta il suo canto sembra quasi struggente. La mamma, dimenticavamo, è Kate McGarrigle, scomparsa pochi anni fa, che con la sorella Anna costituì uno splendido duo tra country, folk e pop. Aggiungiamoci che Rufus, al di là delle nobili ascendenze artistiche, ha passato le sue. Genitori divorziati quando lui aveva appena tre anni, una violenza sessuale subìta da un uomo a Londra, ad Hyde Park, quando ne aveva quattordici, la tossicodipendenza, la non facile, crescente consapevolezza (Rufus ne parla in molte sue canzoni) dei propri gusti e del proprio talento (a sei anni suonava il pianoforte, divenuto poi suo strumento d’elezione accanto alla chitarra, da adolescente si divertiva a fare l’imitazione di Blondie). A fine anni ’90 le prime incisioni e gli immediati riconoscimenti anche se sempre, anche successivamente, l’eclettismo estroso di Rufus non è stato premiato con riscontri commerciali pari alle lodi della critica e alla fama. Nel concerto di stasera Wainwright farà anche una panoramica sui pezzi portanti del suo percorso (una decina gli album realizzati); ma, a conferma di tale duttile estro, rifarà il suo recital su Judy Garland (registrato su cd nel 2007 da un concerto alla Carnegie Hall di New York), nonché qualche estratto da Take All My Loves, cd uscito l’altro ieri contenente canzoni elaborate su nove sonetti di Shakespeare. Insomma, ci sarà da divertirsi. Ci sono ancora biglietti disponibili nei consueti circuiti e alla cassa del teatro.
EATRO ROMANO/2. Aperto ieri il quinto «Rumors Festival»
Wainwright l’eclettico,
dalla Garland al Bardo
Giulio Brusati
L’artista premiato per il disco dedicato ai sonetti di Shakespeare. «Vorrei fare la mia opera in Arena»
Pubblico non molto numeroso, ma cosmopolita per Rufus Wainwright che ieri sera al teatro Romano ha aperto la quinta edizione del Rumors Festival con un recital di rara eleganza. La rassegna ideata da Elisabetta Fadini è incentrata sulla voce e dunque chi meglio di questo cantautore americano? Madre Natura lo ha dotato di una vocalità straordinaria, tra il crooner e il cantante d’opera. Per scaldarsi usa i suoi brani, al pianoforte e alla chitarra acustica. In Vibrate confessa che il giro di basso della canzone viene dalla Carmen. E a proposito di opera, spiega di aver visto ieri mattina la mostra di Maria Callas al museo AMO. «Mi sono divertito, visto che sono un suo fan. E ho una storia della Callas per voi. A Milano conosco il nipote di Elvira Leonardi Bouyeure, cioè Biki, la stilista preferita dall’artista greca. L’aveva ospitata per diverso tempo nella sua villa milanese e di notte la Callas si alzava e girava. Alla terza notte, Biki le ha chiesto cosa cercasse e Maria le ha rispetto: cioccolata». Rufus, e questo lo si capisce sentendolo dal vivo, ricava gioia dal suo canto. Esegue Out of the game alla chitarra acustica, seguita da Jericho. Poi annuncia la parte dello show dedicata a Judy Garland: «Canto le sue canzoni perché le amo. A breve le riproporrò in uno spettacolo alla Carnegie Hall e devo abituarmi a indossare di nuovo le scarpe di Judy»”. Qui succede una specie di miracolo: scompare il Romano, tace l’Adige dietro e si viene proiettati dentro a un musical. Almost like being in love, Alone together, Come rain or come shine e la meraviglia di Do it again, cantata, come dice lui, «nella stessa tonalità di Judy Garland, e spero di beccare le note». Ma Rufus ha un controllo pazzesco anche sul falsetto, così come sul vibrato. Non manca mai l’ironia: «Se la Callas era chiamata la Divina e la Tebaldi voce d’angelo», dice prima di eseguire Gay messiah che cantò tra le polemiche a Sanremo, «per questa canzone da allora mi chiamano lo scandaloso». Scherza anche quando dice: «Guardavo il programma dell’Arena con Aida, Traviata, Carmen e mi domando: perché non includere anche la mia opera, Prima Donna?». Esegue l’aria che conclude il dramma e si augura: «Al prossimo anno, in Arena». Più facile che torni ospite dell’Estate Teatrale, come quest’anno. «Sono onorato di aver ricevuto un premio da Verona per il mio recente disco sui sonetti di Shakespeare. All’anfiteatro grande o qui, è lo stesso: amo Verona e vorrei tornarci». Un’anima romantica, seppure scandalosa, è sempre benvenuta.