Ovazioni per Ballets Jazz de Montreal
Pubblico completamente conquistato dalla bravura dei ballerini della compagnia diretta da Louis Robitaille: Daniel Alwell, Céline Cassone, Mark Francis Caserta, Kiera Hill, Alexander Hille, Morgane Le Tiec, Guillaume Michaud, Ashley Werhun, Marcio Vinicius Paulino Silveira, Gemma Freitas, Jeremy Coachman, Pier-Lou Lacour, Saskya Pauzé-Bégin, Kennedy Henry, Kennedy Viviann Kraeling.
Video Applausi
ESTATE TEATRALE VERONESE. Stasera alle 21,15 al Teatro Romano replica della formidabile compagnia canadese
Ballets Jazz de Montréal, energia che inonda il pubblico
Simone Azzoni
Dal respiro trattenuto di «Zero in on» alla sensualità animale di «Rouge» all’ironia pop di «Harry» l’emozione non ha mai fine
sabato 18 luglio 2015 SPETTACOLI, pagina 58
Pubblico che rimane in sala e non scatta (come purtroppo spesso accade) allo spegnersi delle luci. Tutti fermi nella meraviglia, nella sospensione del respiro. Dieci minuti di applausi: mani come quelle dell’ultimo brano Harry dei Ballets Jazz de Montréal. Il più narrativo dei tre pezzi portati al Romano alla «prima» del cartellone danza. Mani che vibrano ad alleggerire i corpi, a brulicare, a vibrare dentro la storia di un uomo che combatte per superare le forze dell’esistenza. Tutto però era partito da quel Zero in on, il primo dei tre lavori. Coreografia di Cayetano Soto. Zero non è solo l’inizio, ma quell’origine che non si consuma nonostante ciò che la danza ha aggiunto dopo, con la sua storia. Un quadrato bianco per ridurre il palco, e s-centrare la scena, Céline Cassone e Kebin Denlay si donano grazia, morbidezza, compresi dentro una forza che li bilancia, velocissimi come un battito di ciglia, come l’origine dell’universo. Un frame sintetico che rende inutili anche le descrizioni. Tutto è lì. In un respiro trattenuto, 7 minuti, una pausa del cuore. Il battito poi riprende in Rouge, in prima nazionale. La musica dei fratelli Grand guida la visione. È la natura che parla di onde del mare, fruscii di vento. A metà tra la Fura dels Baus e i Tambours du Bronx c’è questa danza. Se i suoni guidano i sensi, in questo pezzo di straordinaria energia e meravigliosa continuità, è l’equilibrio della coreografia a dettare la legge della natura. I corpi rilasciano potenza primitiva che confonde i generi.Prima era il liquido e il femminino dentro il maschile, qui i ruoli e i sessi si rafforzano. Questa volta per dirci l’origine rituale della danza. È un ritorno che sfuma nelle contaminazioni del presente. Vediamo la danza quando era urlo gutturale, vediamo la danza quando era scalpitare animalesco, conquista dell’altro, potenza che emana sensualità allo stato esistenziale. Qui si va oltre per tornare e ritornare all’erotico e superarlo. Sfondo rosso e davanti un tribale che, senza fronzoli e orpelli ,s’inventa le variazioni sulla fuga, sul volo, sull’atto sessuale stesso. E tutto emana, palpita, inonda la platea. Senza diventare lo struggimento dell’essere in due, senza diventare accademia che simula. Jazz, nel senso di energia, ce lo avevano promesso. Abbiamo capito che è realtà oltre la forma del teatro, oltre l’ironia pop di Harry. Sono lì, battono i piedi e ci chiamano sul loro tempo. Replica oggi alle 21,15.