la funambolica compagnia fondata e diretta da Moses Pendleton (che di Alchemy è autore e coreografo) torna al Teatro Romano con un evento speciale andato in scena in prima mondiale lo scorso febbraio. Lo spettacolo (a Verona in esclusiva estiva per il Nord Italia) svela i segreti dei quattro elementi primordiali – terra, aria, acqua e fuoco – creando arcane suggestioni in grado di trasportare lo spettatore in una dimensione surreale. «Gli antichi alchimisti – sottolinea Pendleton – non lavoravano da soli: evocavano gli spiriti perché li aiutassero nei loro riti segreti. Allo stesso modo gli interpreti di Alchemy si elevano ad “apprendisti stregoni” per esplorare i più reconditi meandri alchemici attraverso la magica spiritualità e la parallela corporeità della danza».
In una felice commistione di danza contemporanea e di illusionismo, su musiche di autori vari (tra cui Danna & Clement, Daimon, Escala, Ennio Morricone, Oreobambo, Magna Canta, Liquid Bloom e Silvard) e in un’atmosfera che sottolinea forti istanze ecologiste, due frasi di Moses Pendleton riportate sul programma di sala sintetizzano lo spettacolo: la prima è che “da qualche parte c’è sempre l’oro se scavi a fondo”, la seconda è “se non cogli il ritmo, non cogli il succo”. Ci prova gusto, Pendleton, ad assemblare fenomenologie scientifiche e letterarie e così, in linea con la multimedialità fiabesca dei suoi spettacoli, tira in ballo lo scienziato Isaac Newton e il poeta-scrittore William Butler Yeats. «Il mutamento dei corpi in luce e della luce nei corpi – sottolinea Pendleton citando Newton – è strettamente conforme al corso della natura che sembra prediligere le trasformazioni». Di Butler Yeats fa invece suo un poetico passo notturno di Rosa alchemica: «Scostai le tende e guardai fuori nel buio, e alla mia fantasia turbata tutti quei puntini di luce che riempivano il cielo parvero i fornelli di innumerevoli alchimisti divini, che lavorassero continuamente a trasformare il piombo in oro, la stanchezza in estasi, i corpi in anime, la tenebra in Dio; e di fronte alla loro opera perfetta avvertii il peso della mia condizione di mortale, e invocai a gran voce, come tanti altri sognatori e letterati di questa nostra età hanno invocato, la nascita di quella raffi nata bellezza spirituale che sola potrebbe sollevare e rapire anime gravate di tanti sogni».
Presenti da numerose stagioni nel cartellone dell’Estate Teatrale Veronese – nove volte, compresa questa, nell’arco di diciannove anni – i Momix hanno dato vita a una vera e propria momixmania mandando puntualmente in visibilio il pubblico del Teatro Romano: dal debutto con Passion (1994) sulla colonna sonora di Peter Gabriel a Baseball (1995), da Happy Birthday! (2000) a Opus Cactus (2001), da Sun Flower Moon (2005) alla ripresa di Passion (2007) fino all’ennesimo grande successo del 2009 con Bothanica e a quello del 2010 con Momix remix, spettacolo concepito appositamente per il Teatro Romano per festeggiare i trent’anni del gruppo.
la funambolica compagnia fondata e diretta da Moses Pendleton (che di Alchemy è autore e coreografo) torna al Teatro Romano con un evento speciale andato in scena in prima mondiale lo scorso febbraio. Lo spettacolo (a Verona in esclusiva estiva per il Nord Italia) svela i segreti dei quattro elementi primordiali – terra, aria, acqua e fuoco – creando arcane suggestioni in grado di trasportare lo spettatore in una dimensione surreale. «Gli antichi alchimisti – sottolinea Pendleton – non lavoravano da soli: evocavano gli spiriti perché li aiutassero nei loro riti segreti. Allo stesso modo gli interpreti di Alchemy si elevano ad “apprendisti stregoni” per esplorare i più reconditi meandri alchemici attraverso la magica spiritualità e la parallela corporeità della danza».
In una felice commistione di danza contemporanea e di illusionismo, su musiche di autori vari (tra cui Danna & Clement, Daimon, Escala, Ennio Morricone, Oreobambo, Magna Canta, Liquid Bloom e Silvard) e in un’atmosfera che sottolinea forti istanze ecologiste, due frasi di Moses Pendleton riportate sul programma di sala sintetizzano lo spettacolo: la prima è che “da qualche parte c’è sempre l’oro se scavi a fondo”, la seconda è “se non cogli il ritmo, non cogli il succo”. Ci prova gusto, Pendleton, ad assemblare fenomenologie scientifiche e letterarie e così, in linea con la multimedialità fiabesca dei suoi spettacoli, tira in ballo lo scienziato Isaac Newton e il poeta-scrittore William Butler Yeats. «Il mutamento dei corpi in luce e della luce nei corpi – sottolinea Pendleton citando Newton – è strettamente conforme al corso della natura che sembra prediligere le trasformazioni». Di Butler Yeats fa invece suo un poetico passo notturno di Rosa alchemica: «Scostai le tende e guardai fuori nel buio, e alla mia fantasia turbata tutti quei puntini di luce che riempivano il cielo parvero i fornelli di innumerevoli alchimisti divini, che lavorassero continuamente a trasformare il piombo in oro, la stanchezza in estasi, i corpi in anime, la tenebra in Dio; e di fronte alla loro opera perfetta avvertii il peso della mia condizione di mortale, e invocai a gran voce, come tanti altri sognatori e letterati di questa nostra età hanno invocato, la nascita di quella raffi nata bellezza spirituale che sola potrebbe sollevare e rapire anime gravate di tanti sogni».
Presenti da numerose stagioni nel cartellone dell’Estate Teatrale Veronese – nove volte, compresa questa, nell’arco di diciannove anni – i Momix hanno dato vita a una vera e propria momixmania mandando puntualmente in visibilio il pubblico del Teatro Romano: dal debutto con Passion (1994) sulla colonna sonora di Peter Gabriel a Baseball (1995), da Happy Birthday! (2000) a Opus Cactus (2001), da Sun Flower Moon (2005) alla ripresa di Passion (2007) fino all’ennesimo grande successo del 2009 con Bothanica e a quello del 2010 con Momix remix, spettacolo concepito appositamente per il Teatro Romano per festeggiare i trent’anni del gruppo.