Louise Bourgeois: falli, ragni e ghigliottine al Teatro Laboratorio
sabato 2 marzo ore 21,00
domenica 3 marzo ore 16,30
VERONA, TEATRO LABORATORIO
LOUISE BOURGEOIS: FALLI, RAGNI E GHIGLIOTTINE
(98 anni e mezzo di vita d’artista)
scritto e diretto da Luca De Bei
con Margherita Di Rauso
[quote style=”1″]L’artista è un lupo solitario. Ulula tutto solo. Il che però non è così terribile, perché lui ha il privilegio di essere in contatto con il proprio inconscio. Sa dare alle sue emozioni una forma, uno stile. Fare arte non è una terapia, è un atto di sopravvivenza. Una garanzia di salute mentale. la certezza che non ti farai del male e che non ucciderai qualcuno.[/quote]
Louise Bourgeois era una donna eccezionale, ed è una delle più grandi artiste del secolo. Lucida, folle, anticonvenzionale, rigorosa, geniale, umile, straordinaria interprete del femminile e dell’arte. Segnata fin da bambina dalla violenza, dalla sua estrema sensibilità, temprata da due guerre, infaticabile creatrice di sculture-opere intense, agghiaccianti, grottesche, rivelatrici, folgoranti. Famosa per i falli che mette sul tetto di casa e con cui si fa fotografare portandoli sotto il braccio come una baguette o un ombrello; per i ragni monumentali, sotto cui ci si sente vulnerabili e allo stesso tempo protetti (“i ragni sono la madre”, diceva Louise); per le ghigliottine che sospende sopra le case borghesi e le vite tranquille che racchiudono. La sua figura è l’emblema di un secolo di turbamenti, inquietudini, ribellioni, desideri, orrori, follie e disperata ricerca di un significato, di verità. È il prototipo, non convenzionale, dell’Artista, che passa dall’euforia alla depressione, dall’attività frenetica all’immobilismo, dalla creatività alla riflessione. E completamente, sorprendentemente, clamorosamente teatrale. Perché intensa, perché spiazzante, perché disturbante, perché ironica, perché poetica, perché divertente, perché profonda e originale.
Lo spettacolo che la racconta mette in scena l’essenza di questo essere strano, al tempo stesso donna, vecchia e bambina. Dà corpo, matericamente come le sculture da lei create, alla fantasia, le immagini, le voci, i suoni, i pensieri che escono dal profondo di Louise, dalla sua anima. Tasselli che si compongono via via e ci rimandano in modo delicato o prepotente, allusivo o dichiarato la vita di una Donna affascinante, emozionante, totale. E probabilmente irripetibile.
Lo spettacolo (durata 50′) prevede l’ingresso del pubblico in sala.
Luca de Bei
Luca De Bei nasce a Padova da padre veneto e madre italoamericana ma cresce a Napoli dove trascorre tutta l’infanzia. Si trasferisce poi a Genova dove dall’età di 16 anni recita in piccoli teatri della città. Viene ammesso poi alla scuola di recitazione del Teatro Stabile, dove si diploma nell’86. Il suo debutto come attore avviene in quello stesso anno nel Faust di Goethe (nel ruolo di Euforione), diretto da Glauco Mauri. Seguono vari spettacoli tra cui “Il diario di Anna Frank” (ruolo di Peter) diretto da Gianfranco De Bosio, “Risveglio di Primavera” di Wedekind, (nel ruolo di Moritz), diretto da Elio De Capitani, “Le cinque rose di Jennifer” di Annibale Ruccello (nel ruolo di Anna) , diretto da Enrico Maria Lamanna, “Teppisti” (ruolo di Cico) di Manfridi diretto dall’autore, “Di cosa abbiamo paura quando abbiamo paura del buio” art-musical basato sul Peter Pan di J.M. Barrie (ruolo di Peter Pan), scritto e diretto da Alessandro Fabrizi. Parallelamente alle sue esperienze di attore, si sviluppa la sua attività di autore teatrale. Il debutto è a New York dove nel ’90 dirige il proprio “Buio Interno” in versione americana in un teatro di Off Broadway. Da allora ha scritto una ventina di commedie, quasi tutte rappresentate. In campo cinematografico firma la sceneggiatura del film “La prima volta” diretto da Massimo Martella e prodotto dalla DueA di Antonio e Pupi Avati per la Medusa Cinematografica. Ha collaborato al teatrogiornale di radiotre. E’ stato dialogista per la soap “Vivere” ed attualmente è Sceneggiatore e Dialogista per la soap “Centovetrine” in onda su Canale 5.
MARGHERITA DI RAUSO
Attrice versatile, di origine capuana, si diploma giovanissima alla Scuola di Teatro di Giorgio Streheler al Piccolo Teatro di Milano.
2011 – 2012 :
-“L’Opera da tre soldi * accanto a Massimo Ranieri e Lina Sastri regia di Luca De Fusco, al Festival di Napoli 2011- ruolo: La signora Peachum
-“To Rome with Love ”di WOODY ALLEN – ruolo brillante (la moglie di Luca)
– “Napoletans” regia Luigi Russo- ruolo: Anna, co-protagonista accanto a Maurizio Casagrande e Giacomo Rizzo
-“Louise Bourgeois” monologo di Luca De bei
-“Lo Scarfalietto” di E. Scarpetta, regia di G.Gleijeses –ruolo: Emma Carcioff, la soubrette
-“Itagliani!,ovvero storia del delirio di Frevella lavannara..” di A. Cilento, regia E. Pippo
Inoltre
“Giro di Vite” da Henry James, monologo scritto e diretto da Luca De Bei
Riceve il premio Hystrio e il Premio Wanda Capodaglio. Lavora con Giorgio Strehler, Luca Ronconi, Elio De Capitani e Ferdinando Bruni, Maurizio Nichetti,Glauco Mauri , Karin Beier, Kristoph Warlikowskj, Andrèe R. Shammah, Massimo Luconi, Paolo Castagna,Geppy Gleijeses ecc.
Lavora per 3 anni tra Germania ed Austria presso i maggiori teatri come il Burgtheater di Vienna diretta da Karin Baier in una Compagnia Internazionale mettendo in scena Shakespeare e Pirandello. Recita a fianco di grandi attori come M. Melato, T. Servillo, F.Branciaroli, M.Popolizio. E’ candidata come miglior attrice non protagonista ai Premi Olimpici 2009 per L’Anima buona del Sezuan, regia Bruni e De Capitani per i ruoli della “Vedova Shin” e la “Prostituta”.
Il Faust e l’Arlecchino servitore di due padroni,regia G.Strehler; Re Lear, regia G.Mauri; Tango Barbaro,Morte accidentale di un anarchico, teatro dell’Elfo; Infinities, la trilogia delle tragedie greche, regia L.Ronconi. Attiva anche nel cinema e in televisione, ha partecipato : con tre ruoli-cameo al film attualmente nelle sale “Into Paradiso”,regia Paola Randi, presentato al Festival di Venezia;alla sitcom Piloti, al film “Vallanzasca” di Michele Placido, al film austriaco “Viktor Kaufmann” di Wolfgang Murnberger, in lingua tedesca; “Italians” in uscita a marzo in Polonia, regia Lucas Barczy; Margherita è una delle voci nazionali di noti spot tv.
Louise Bourgeois
Premio Wolf per le arti 2002
Louise Bourgeois (Parigi, 25 dicembre 1911 – New York, 31 maggio 2010) è stata una scultrice e artista francese.
Biografia
Maman, situata davanti alla National Gallery of Canada
Si formò come scultrice alla École des Beaux-Arts di Parigi, per poi approdare a New York City nel 1938. Acquisì la cittadinanza degli Stati Uniti nel 1951, dopo esser stata indagata da Joseph McCarthy,[1] e partecipò a diversi correnti artistiche, dapprima sotto l’influenza del surrealismo degli emigrati dall’Europa e dedicandosi, a partire dagli anni sessanta, alla lavorazione del metallo realizzando tra l’altro delle installazioni.
La sua popolarità aumentò con la partecipazione alla documenta nel 1983 ed alla Biennale di Venezia nel 1993.
Negli anni più maturi, l’artista si occupa in maniera approfondita di temi come la sessualità, la famiglia e la solitudine, rappresentando immagini trasfigurate del membro maschile nelle sue installazioni e celebrando il concetto di maternità con enormi sculture filigrane a forma di ragno; si tratta di opere di carattere onirico spesso ripetute per essere poi installate in diverse città, dell’altezza di una decina di metri.
La Tate Modern di Londra le ha dedicato un’ampia retrospettiva in occasione del suo novantacinquesimo compleanno (2007), destinata a continuare in diverse sedi di prestigio tra cui il Centre Pompidou.
Al pian terreno della Mori Tower, nel quartiere di Roppongi Hills a Tokyo, è possibile ammirare e toccare una delle sue celebri sculture a forma di ragno gigante.
È scomparsa nel 2010 a New York all’età di 98 anni.[2]
Dal 5 maggio al 19 settembre 2010 è stata aperta al pubblico una retrospettiva a Venezia a cura di Germano Celant, presso la Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, che presenta la produzione quasi sconosciuta di opere realizzate in stoffa.
Scritti
- Distruzione del padre / Ricostruzione del padre. Scritti e interviste, A cura di Marie-Laure Bernadac e Hans-Ulrich Obrist. Traduzione di Giuseppe Lucchesini e Marcella Majnoni, Macerata, Quodlibet 2009
Note
- ^ «Duchamp, Ozenfant e io [Louise Bourgeois] ci conoscevamo già, ma ci incontrammo di nuovo quando fummo indagati da McCarthy nel 1951. Subimmo sorti diverse. Duchamp aveva amici potenti, quindi era al sicuro. Ozenfant era un uomo molto difficile, originale e indipendente. Se attaccato, attaccava a sua volta, come un bambino. Fu quindi espulso dal Paese. Ma io mi sono difesa. Fui interrogata varie volte dopo aver chiesto la cittadinanza. La mia linea di difesa era che non avevo a che fare né sapevo nulla dell’attività politica degli uomini con cui avevo una relazione. E per fortuna le donne avevano allora ottenuto almeno questo diritto: non ero considerata solo la moglie o l’amica di qualcuno. Ero Louise Bourgeois. E lo sono sempre stata.» (Distruzione del padre / Ricostruzione del padre. Scritti e interviste, pag.127, Louise Bourgeois, a cura di Marie-Laure Bernadac e Hans-Ulrich Obrist. Traduzione di Giuseppe Lucchesini e Marcella Majnoni, Macerata, Quodlibet 2009)
Collegamenti esterni
- / Fondazione Emilio e Annabianca Vedova
- Distruzione del padre / Ricostruzione del padre scheda da catalogo
- Women.it, scheda artista
- (EN) / 2007 exhibition at Tate Modern
- (EN) Biography, interviews, essays, artwork images and video clips
- (EN) Louise Bourgeois – Xavier Hufkens
- recensione alla mostra alla Tate Gallery del 2007/8 di Stefano Jossa
LOUISE BOURGEOIS
di Marilde Magni
“tutto quello che produco è ispirato
ai primi anni di vita. Ogni giorno devi
disfarti del tuo passato, oppure
accettarlo, e se non riesci diventi
scultrice.”
Louise Bourgeois
Louise Bourgeois è nata a Parigi nel 1911. “Nacqui il giorno di natale, rovinando la festa a tutti quanti. Mentre erano intenti a gustare ostriche e champagne, ecco che arrivo io. Mi piantarono in asso. Oggi riesco a raffigurarmi quell’evento ridicolo…non accuso nessuno. E’ quindi un senso di sconfitta quello che motiva il mio lavoro, una volontà di rimediare al danno che è stato fatto…non di paura, ma del trauma dell’abbandono.”
Dopo essersi iscritta alla Sorbonne, alla facoltà di matematica, la abbandona per iscriversi all’Ecole des Beaux Arts.
Nel 1938 si trasferisce negli Stati Uniti dove nel 1945 si tiene la sua prima mostra di pittura. Subito dopo abbandona la pittura per la scultura, cui si dedica da allora. “I disegni sono secondi alla scultura – afferma – perchè non hanno il potere di esorcizzare i demoni.”
Nel 1951 diventa cittadina americana e ora vive e lavora a New York.
nel 1982, grazie soprattutto all’interessamento di Deborah Wye, una giovane curatrice interessata al suo lavoro, e della critica d’arte Lucy Lippard, il Museum of Modern Art of New York organizza una retrospettiva su quattro decenni della sua produzione e il nome dell’artista comincia a essere noto al di fuori della cerchia dei suoi estimatori: Louise Bourgeois ha settantun anni.
“ Non avere successo- commenta l’artista – è stranamente stimolante se credi in te stessa…Il successo non è importante. Ma certo è molto, molto piacevole.”
Da quel momento in poi numerose mostre dei suoi lavori vengono organizzate in tutto il mondo. Nel 1993, a 81 anni, viene chiamata a rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia e nel 1995 il Musèe d’Art Modern de la ville de Paris le dedica una grande retrospettiva.
La sua opera spazia tra materiali diversi: marmo, bronzo, gesso, legno, ferro e lattice, che tratta con varie tecniche. L’abilità e la perizia con cui si è servita di tali mezzi mettono in luce la tendenza alla sperimentazione che caratterizza la sua produzione costituita da sculture, installazioni, performances.
Prolifica, solitaria, indifferente alle mode e alle correnti artistiche, eppure di esse consapevole, ha seguito un suo percorso in cui la presenza ricorrente del corpo anticipa le opere di numerosi giovani sui quali esercita un’innegabile influenza.
La sua ricerca segue un filo che la porta a fare i coni con il suo passato, senza mai rimuoverlo; per lei l’arte è un mezzo di sopravvivenza e svela un mondo di ricordi, alienazione, ansia, angoscia, ossessioni erotiche, solitudine ma anche di vitalità assoluta. Vitalità che conserva oggi a 90 anni.
I suoi lavori provocano un forte impatto emotivo e psicologico. “ Un’opera può avere un’anima – afferma Louise Bourgeois – perchè ha il potere magico di provocare una reazione nell’osservatore…”
A raccontare del suo percorso esistenziale e insieme della sua arte, così affini, sono le sue opere :
-FEMME-MAISON, un corpo metà donna metà casa “Non sa che è mezza nuda e non sa che sta cercando di nascondersi. Vale dire che si sta rovinando con le sue mani, perchè si mostra nel preciso istante in cui pensa di nascondersi.”
–TOI ET MOI, gli incontri con altri, carichi di emozioni ma anche di sofferenza;
-LAIRS, i momenti di assoluto isolamento nelle tane da lei create;
-CELLS, un duro saggio sulla memoria, composte da spazi racchiusi da recinzioni di rete di ferro, porte e finestre con catene: visibili ma inaccessibili. All’interno oggetti appartenenti all’artista o da lei stessa creati;
-SPIDERS, giganteschi ragni di acciaio “…Io li associo a mia madre, perchè il ragno è un animale che va a intrappolarsi negli angoli, gli angoli gli danno sicurezza. Ma lei non è intrappolata, anzi, cerca di intrappolare gli altri.”
L’arte di Bourgeois è come un dialogo interiore, ma forte quel tanto che basta per essere udito.
” Tempo – Tempo vissuto, tempo dimenticato, tempo condiviso. Che cosa infligge il tempo – polvere e disgregazione ? I miei ricordi mi aiutano a vivere il presente e io desidero che sopravvivano. Sono prigioniera delle mie emozioni. Devi raccontare la tua storia e poi devi dimenticarla. Dimentichi e perdoni. Questo ti rende libera.”
Tratto dall’orma bianca “L’audacia dell’età”
Girl Falling, 1947
L’opera “Blue Days and Pink Days ” di Louise Bourgeois è esposta nella mostra “New York renaissance. Dal Witney Museum of American Art ” a Milano, Palazzo Reale fino al 15 settembre 2002.
Nel bookshop della mostra è in vendita la videocassetta ” Louise Bourgeois “, un film di Camille Guichard della serie Mémoire del Centre Georges Pompidou di Parigi.
Il video è un’interessante intervista a Louise Bourgeois a cura di Bernard Marcadé e Jerry Gorovoy (New York, febbraio 1993 ), che permette uno sguardo più ravvicinato sul lavoro di questa originale scultrice.
Nell’Archivio di Documentazione sono presenti nove monografie su Louise Bourgeois, consultabili nella sede di Oltreluna.
Louise Bourgeois alla Tate Modern di Londra
di Marilde Magni
Louise Bourgeois splendida e inquietante. 96 anni di vita e 70 di lavoro nella grande antologica che la Tate Modern di Londra, il Centre Pompidou di Parigi e il il Guggenheim Museum di New York le hanno dedicato nel 2007-2008.
Per me, che da anni seguo con passione il suo lavoro quasi sempre solo attraverso i cataloghi, l’impatto emotivo delle opere esposte alla Tate è stato molto forte.
All’esterno un gigantesco ragno di bronzo e acciaio, Maman,
all’interno dieci sale piene dei suoi lavori (sculture, installazioni, pitture e disegni dal 1938 al 2007) esposti secondo un ordine cronologico che evidenzia alcuni filoni tematici e figurativi. Dalle Femmes-Maisons, oli su tela degli anni ’40, attraverso lavori in legno, lattice, marmo per arrivare alle numerose Cells,installazioni-gabbie degli anni ’90, fino ai giganteschi ragni di bronzo e acciaio, ai manichini di stoffa…Motivi, forme e ossessioni che Bourgeois rivisita periodicamente perché ” … uno stesso tema può sparire e riapparire vent’anni dopo”. Fa i conti di volta in volta con l’infanzia, il corpo, il sesso, la famiglia, il padre, la madre, i ricordi, passando per l’identità femminile e l’identità sociale.
L’arte di Louise Bourgeois ha attraversato la maggior parte del secolo appena passato.
Nata a Parigi nel 1911 nei giorni del cubismo l’artista nel 1938 si trasferì a New York in seguito al matrimonio con il critico d’arte Robert Goldwater.
La sua prima mostra di sculture fu nel 1949 a New York. Più tardi, nel 1982, fu la prima artista donna a cui fu dedicata una retrospettiva al Museum of Modern Art di New York. Quella esposizione rivelò una grande scultrice che lavorava con i più vari materiali: dal marmo, al bronzo, al lattex e alla stoffa. Da allora i suoi lavori vengono inclusi in importanti mostre, biennali e collezioni in tutto il mondo.
In una mostra così interessante e completa vorrei parlare di alcuni lavori che mi hanno emozionato più di altri.
Uno è The Distruction of the Father, 1974, la prima installazione creata dall’artista.
A prima vista da l’impressione di un corpo/paesaggio astratto. Ma Bourgeois ha parlato a lungo di questa opera: “Questo lavoro è una tavola, l’atroce e terrificante tavola da pranzo della famiglia. A capotavola il padre che siede e mangia avidamente. E gli altri , la moglie, i figli, cosa fanno? Loro siedono in silenzio. La madre cerca di soddisfare il tiranno, suo marito. I figli sono molto irritati … Così, nell’esasperazione, afferrarono l’uomo, lo buttarono sul tavolo, lo squartarono e iniziarono a divorarlo”.
Ed è davvero un lavoro impressionante dal punto di vista emotivo e visivo anche per le grandi dimensioni che rendono l’impatto più forte. Le sagome di cartongesso e latex sono racchiuse in un grande contenitore e il tutto è reso più drammatico da una forte luce rossa. L’insieme ha creato in me una paura indicibile come se tornassero a galla terrori nascosti chissà dove.
Emozionanti poi le “Cells”- una serie di installazioni di grandi dimensioni fatte negli anni ’90 – esposte per la prima volta alla Biennale di Venezia nel 1993 nel padiglione degli Stati Uniti d’America (in queste settimane nuove Cells sono in mostra al Museo Capodimonte di Napoli).
Sono la messa in scena di una serie di storie autobiografiche con cui Bourgeois ci fa entrare nel suo mondo interiore e sembra invitarci a camminare nella parte oscura della sua mente dove sono nascosti i ricordi più dolorosi di una vita.
.
Evocano cella di punizione, prigione, manicomio o convento. Al loro interno una gran varietà di materiale di recupero o collezioni di oggetti personali – reti arrugginite, cornici di finestre, vecchie porte, mobili, sedie, specchi, parti di tappeti, sculture- usate per creare spazi chiusi, claustrofobici che rendono tangibile la sua inquietudine esistenziale. Ognuna esplora, attraverso una metafora, l’ aspetto di una pena umana o sofferenza. Secondo Bourgeois: “Cells rappresentano differenti tipi di dolore: fisico, emotivo e psicologico, mentale e intellettuale Ma la domanda è quando l’emozione diventa fisica? Quando il fisico diventa emozione?”. Sono come cellule di un mondo che entra in relazione con altri.
La prima che si incontra è Cell (Choisy), 1990-3,
un’immagine di grande solitudine e minaccia. E’ la riproduzione in marmo rosa, con le dimensione di una casa di bambole, della casa della sua infanzia con sulla facciata una serie di finestre aperte sull’interno vuoto. Chiusa in una gabbia di ferro, con una grossa ghigliottina che la sovrasta, rappresenta la vulnerabilità della famiglia e forse la perdita dell’infanzia.
Poi Cell (Eyes and Mirrors), 1989-93
un gabbia piena di occhi e specchi che scrutano e spiano i nostri movimenti e il nostro intimo. Tremenda la sensazione di non poter avere un luogo in cui rifugiarsi: non si può scappare nè avere segreti.
O come Passage Dangereux, 1997
una enorme gabbia di ferro arruginito che rievoca tempi passati e vite vissute. Chiusa da tutti i lati, è suddivisa in tanti spazi interni ristretti che contengono oggetti carichi di polvere e di storia personale: sculture, ossa, cuscini , pezzi di arazzi, una sedia da tortura…
Il “passaggio” del titolo è un riferimento sia allo spazio interno alla struttura simile a
un corridoio che al passare del tempo.
Ci viene incontro il rosso – colore del sangue o della passione – delle due Red Room, che si possono vedere sia separate che in relazione tra loro e che rendono la forte tensione che c’è in famiglia tra intimità e estraneità.
La più piccola è quella dei bambini Red Room (Child), 1994
con rocchetti di filo, motivi a spirale, mani troncate ma intrecciate…
e Red Room(Parents), 1994
il letto rosso è un’arena per il gioco, il piacere, la pena, la tragedia e la perdita. Il piccolo cuscino ricamato Je t’aime è un segno di intimità, la custodia dei violino e il treno giocattolo suggeriscono i piaceri dell’infanzia.
Alla fine delle tre stanze occupate dalle Cells incombe Precious Liquid, 1992
una stanza claustrofobica, simile a un’enorme torre di legno per l’acqua come quelle che stanno sui tetti di New York, in cui si può entrare attraverso una stretta porta. All’interno un letto di ferro, una serie di bocce di vetro, sfere di alabastro e di gomma, di fronte è appeso un lunghissimo cappotto nero – l’uomo nero della nostra infanzia? – che ingloba un abito da ragazza.
Per l’artista e’ uno spazio psichico che “parla di una ragazza che crescendo scopre la passione invece del terrore. Smette di essere spaventata e sperimenta la passione..”. All’esterno la scritta Art is a Guaranty of Sanity, che un po’ riassume la filosofia artistica di Louise Bourgeois.
Questa mostra conferma che Louise Bourgeois è una brillante narratrice di storie e ha una vita intensa e inquietante da raccontare: “Sono stata all’inferno e ritornata. E, làsciatelo dire, è stato stupendo”.
25 ottobre 2008
Pingback: Intensa interpretazione di Margherita Di Rauso | disMappa!