La dodicesima notte di Carlo Cecchi con le musiche di Nicola Piovani
La dodicesima notte di William Shakespeare
Teatro romano di Verona, 16-19 luglio 2014
Dopo un mese di prove ad Ancona, Carlo Cecchi e la compagnia Marche Teatro sono giunti al Teatro Romano per le ultime prove del secondo spettacolo del 66° Festival Shakespeariano, La dodicesima notte, che debutta in prima nazionale mercoledì 16 luglio alle 21.15.
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Dopo il successo di Lost in Cyprus – Sulle tracce di Otello con Giuseppe Battiston protagonista e regista assieme a Paolo Civati, va in scena un allestimento che si preannuncia di grande qualità, data la presenza – nel doppio ruolo di regista e interprete – di Cecchi, uno degli artisti italiani più raffinati e innovativi, sicuramente figura di primo piano nel panorama teatrale nazionale, al suo esordio nell’Estate Teatrale Veronese.Altro elemento rilevante dello spettacolo (prodotto da Marche Teatro – Teatro Stabile Pubblico in collaborazione con l’Estate Teatrale Veronese) è rappresentato dalle musiche, composte per l’occasione dal premio Oscar Nicola Piovani. La traduzione del testo è di Patrizia Cavalli.
Vincitore, lo scorso anno, del premio “Renato Simoni per la fedeltà al teatro di prosa”, Cecchi ha alle spalle un notevole bagaglio shakespeariano: dopo la messinscena (giusto trent’anni fa, nel luglio 1984) della Tempesta al Teatro della Versiliana, ha firmato negli anni, Amleto, proposto da Cecchi in varie versioni, Sogno di una notte di mezza estate e Misura per misura. Il suo repertorio, in realtà, è vastissimo e spazia da Samuel Beckett (straordinaria la sua interpretazione in Finale di partita) a Luigi Pirandello (di cui Cecchi ha interpretato con grande successo Sei personaggi in cerca d’autore al Nuovo nel 2006 nell’ambito del Grande Teatro), da Anton Čechov a Molière, da Eduardo De Filippo ad Harold Pinter, da Thomas Bernhard a Georg Büchner, commediografo tedesco d’inizio Ottocento, la cui fama è in buona parte merito di Cecchi che è stato tra i primi a rappresentarlo in Italia.
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Riconducibile, per il tema dei gemelli, ai Menecmi di Plauto, al testo cinquecentesco senese Gl’Ingannati, eispirata a un’opera di Barnabe Rich, La dodicesima notte si riallaccia ad altri simili testi del Bardo come La commedia degli equivoci e I due gentiluomini di Verona. Scritta attorno al 1601, la commedia segue di poco Amleto (1600-1601) e precede di qualche anno Otello, Macbeth e Re Lear (1604-1605).
La dodicesima notte (ovvero la notte dell’Epifania che cade giusto dodici giorni dopo Natale) è una storia di amori, dapprima contrastati e poi a lieto fine, e di inganni. Travestimenti, equivoci, raggiri sono parte essenziale della commedia. Tutti alla fine, in modo diverso, sono ingannati: sia i personaggi-base dell’intreccio amoroso (Orsino, Olivia, Viola, Sebastian) sia gli altri, caratterizzati da un’atmosfera più giocosa: da Malvolio a Sir Toby, a Maria, da Sir Andrew Aguecheeck a Fabian e a Feste. Nella vicenda convivono due microcosmi, quello dei nobili e quello dei servitori, tutti alla fin fine incapaci di comprendere la realtà. In questo senso, il personaggio più rappresentativo è Malvolio (maggiordomo di Olivia) che sarà vittima di un atroce scherzo ordito dai suoi colleghi.
«Malgrado la sua funzione comica – sottolinea Carlo Cecchi nelle note di regia – questo plot ha uno svolgimento più amaro: la follia che percorre la commedia, come in un carnevale dove tutti sono trascinati in un ballo volteggiante, trova il suo capro espiatorio nel più folle dei personaggi: il maggiordomo, un attore comico che aspirava a recitare una parte nobile, quella del Conte Consorte». A interpretare Malvolio (che nel 2009 al Teatro Romano fu interpretato da Luca De Filippo) sarà proprio Carlo Cecchi. Accanto a lui, Remo Stella (Orsino, duca d’Illiria), Giuliano Scarpinato (Valentino e Fabian), Rino Marino (ufficiale al servizio del duca e capitano della nave naufragata), Eugenia Costantini (Viola, poi travestita da Cesario), Davide Giordano (Sebastiano, fratello gemello di Viola), Federico Brugnone (Antonio, altro capitano di mare, amico di Sebastiano), Barbara Ronchi (Olivia), Antonia Truppo (cameriera di Olivia), Tommaso Ragno (Sir Toby), Loris Fabiani (Sir Andrew) e Dario Iubatti (Feste, buffone di Olivia).
Le musiche della Dodicesima notte sono state composte appositamente da Nicola Piovani, anche lui in questi giorni a Verona per le ultime prove insieme a Luigi Lombardi d’Aquino (tastiere e direzione musicale), Ivan Gambini (strumenti a percussione) e Alessio Mancini (flauti e chitarra) che eseguiranno le musiche dal vivo nel corso dello spettacolo. Le scene sono di Sergio Tramonti, i costumi di Nanà Cecchi, il disegno luci di Paolo Manti.Dopo la prima di mercoledì 16, La dodicesima notte replicherà il 17, 18 e 19 alle 21.15. Giovedì 17 luglio alle 17.45 la compagnia incontrerà il pubblico nella Biblioteca Civica di via Cappello. L’incontro, a ingresso libero, sarà condotto da Elena Sauro.
Prezzi per assistere alla Dodicesima notte: platea numerata € 28,00, platea ridotta over 65 e under 26 € 20,00, gradinata € 18,00, gradinata ridotta € 15,00, speciale gradinata over 65 e under 26 € 10,00. Info ai numeri 0458066488 e 0458066485.
NICOLA PIOVANI
«Per Shakespeare ho scritto una musica che sia cantabile»
C’è un premio Oscar nello spettacolo che debutta mercoledì al Teatro Romano, La dodicesima notte di Shakespeare, con la regia di Carlo Cecchi, per l’Estate Teatrale Veronese. È il maestro Nicola Piovani, che dello spettacolo ha scritto le musiche originali.
Piovani sarà a Verona per le ultime prove con i musicisti che suoneranno dal vivo durante lo spettacolo, e intanto ci ha raccontato come ha lavorato con Cecchi. Il grande pubblico conosce Piovani per le musiche di film famosi, come La vita è bella di Benigni che gli ha fatto vincere il premio dell’Academy americana, ma il maestro è anche un grande autore di teatro musicale.
Ci descrive la sua musica per la Dodicesima Notte? Shakespeare è un autore molto complesso: da dove è partito e quali temi del testo l’hanno ispirata?
La Dodicesima notte di Shakespeare si apre con Orsino che parla di una musica languida, e Shakespeare prevede, per il personaggio di Feste, tre canzoni: un bell’incentivo per chi deve scriverne le musiche di scena. Sono partito proprio dall’idea della «canzone», musicalità immediata, semplice, cantabile. Nello stesso tempo ho cercato di tener conto della sublime e complessa ambiguità delle vicende amorose narrate dall’ autore. Tre musicisti eseguiranno le musiche, come si dice, dal vivo, cioè teatralmente.
Come ha lavorato con Carlo Cecchi? Era lei a proporre la musica o il regista a chiederle cose specifiche?
La prima volta che ho lavorato con Carlo Cecchi correva l’anno 1972. Ho reso l’idea? Lui è stato il mio maestro riguardo al teatro, i pochi anni di differenza d’età che ci sono fra noi allora erano bastanti perché si instaurasse un rapporto maestro-allievo. Poi, per un po’, non ci siamo frequentati, ma quando, tre anni fa, lui mi ha chiesto di aiutarlo nel saggio degli allievi dell’Accademia d’arte drammatica di Roma, abbiamo ripreso una collaborazione che sembrava interrotta da pochi mesi. Questo per dirle che, lavorando in teatro, spesso Cecchi ed io ci intendiamo al volo, senza quasi parlare. Sono felicissimo di questa mia attività teatrale.
Lei è conosciuto al grande pubblico per il cinema, ma ha scritto molto per il teatro e ha detto che «il teatro è il linguaggio del futuro». Ci spiega perché?
Beh, il teatro, come lo conosciamo, ha dietro le spalle più di due millenni, il cinema poco più di un secolo. Il teatro continua a essere un’attività vitalissima in quasi tutto il pianeta, il cinematografo ha cominciato da un po’ di anni a perdere colpi: lei provi a confrontare il numero di spettatori delle sale cinematografiche degli anni Cinquanta-Sessanta con quelli di oggi, e capirà perché tutti gli interventi che si annunciano e si chiedono per salvare il cinema hanno un tono da WWF. Io sono quasi certo che, fra pochi secoli, quando i mezzi di riproduzione audiovisiva saranno antiquariato, ci sarà ancora chi andrà – in carne ed ossa – a suonare, recitare, cantare, ballare, per un pubblico in carne ed ossa.
Perché «la musica è pericolosa» come nel titolo del suo libro?
Si tratta di una citazione felliniana. Una vita vissuta appieno può essere pericolosa, in senso buono. Tutte le cose belle possono essere pericolose!
A parte La vita è bella che le ha dato l’Oscar, quale film che ha musicato le è rimasto nel cuore?
Sono tanti, da Ginger & Fred a La notte di San Lorenzo, da Salto nel vuoto a La stanza del figlio
e potrei seguitare
Perché ha sentito la necessità di fondare la Compagnia della Luna?
Perché sognavo un tipo di teatro musicale che non trovava spazio né nel teatro privato – votato al commerciale, al solo-comico, al televisivo – né nel teatro pubblico da sempre pieno di pregiudizi nei confronti della musica a teatro. Il teatro musicale viene considerato di serie B dai cultori del teatro di prosa, in Italia. Qualche volta che ho consigliato ai teatranti di riproporre buone edizioni delle operette classiche italiane, mi hanno preso per stravagante, provocatore. Eppure resto convinto che c’è più arte nel Paese dei campanelli di Lombardo-Ranzato che in Sturm und Drang di Friedrich Maximilian Klinger.
Quando ha capito che sarebbe diventato un musicista? Aveva un «piano B» se non avesse sfondato?
Macché sfondare! Si fa musica perché viene naturale, per desiderio, per disposizione fisiologica, per innamoramento di un linguaggio
poi naturalmente, se va anche bene, se si riesce a vivere col ricavato della propria arte, è buona cosa. Se avessi dovuto fare un altro lavoro per mantenermi, avrei comunque parallelamente continuato a fare musica. Magari non avrei fatto interviste come questa, ma avrei suonato e scritto musica, nelle pause di un lavoro che mi permettesse di sopravvivere.
Ho letto che un’enciclopedia americana l’ha confusa con Morricone: è vero? ci rimase male?
Ho risposto tante volte a domande su questo curioso incidente della stampa americana: come potevo rimanerci male? Venivo confuso con il numero uno nel mondo. Forse il mio amico Ennio aveva il diritto di rimanerci male, ma, le assicuro, anche lui la prese con molta tranquillità, sorridendone insieme a me.
TEATRO ROMANO. Debutta questa sera alle 21,15 «La dodicesima notte», con le musiche del maestro Premio Oscar
Cecchi: «Shakespeare non va mai tradito»
Daniela Bruna Adami
Il regista: «Amo molto questo autore e lo affronto con rispetto» Nicola Piovani: «C’è stretta interazione tra la mia musica e gli attori»
È una commedia shakespeariana molto presente al Teatro Romano: questa sera alle 21,15 La dodicesima notte debutterà per la nona volta. Si tratta della versione, in prima nazionale, di Carlo Cecchi (regista e interprete), una produzione di Marche Teatro in collaborazione con l’Estate teatrale veronese.
«Se il testo è stato rappresentato molte volte, per Carlo Cecchi è una prima volta sul nostro palcoscenico» ha spiegato il direttore artistico, Giampaolo Savorelli, «che lo ha insignito l’anno scorso del Premio Simoni. Questa Dodicesima notte vede anche molti ritorni. A partire da Nicola Piovani, che ha scritto le musiche originali dello spettacolo, e che musicò anche il Romeo e Giulietta di Scaparro nel 2000 e ancora prima la Bisbetica domata di Sciaccaluga con la Melato e Branciaroli, nel 1992. E tornano Barbara Ronchi, l’anno scorso Porzia nel Mercante di Venezia, e Nanà Cecchi, già costumista del Riccardo III». Gli altri attori sono nuovi per il Teatro Romano, tra loro Eugenia Costantini figlia di Laura Morante.
«Ho fatto Shakespeare molte volte» ha spiegato Cecchi alla presentazione ufficiale dello spettacolo in municipio, «perché ho una vera passione per questo autore. Certo è che noi non recitiamo Shakespeare ma una sua traduzione, e io ho avuto la fortuna di avere grandi traduttori, Cesare Garboli o in questo caso Patrizia Cavalli. La quale, essendo una poetessa, ha dato musicalità alle parole, le ha pensate per il palcoscenico e non per una pubblicazione, esattamente come faceva Shakespeare. È importante, perché poi anche la messinscena è una ulteriore traduzione, che va fatta con rispetto». Cecchi anticipa ulteriori informazioni sullo spettacolo: «Anche la scena riprende quella shakespeariana, quindi è sostanzialmente vuota come lo era ai tempi di Shakespeare quando non c’era l’ossessione per il realismo e il teatro era la parola, era gli attori. Certo non facciamo Shakespeare in senso filologico, perché sarebbe impossibile e anzi pretestuoso. E poi c’è la musica, ché non si può fare Shakespeare senza, soprattutto questa commedia che inizia con un inno alla musica».
È d’accordo il compositore, il Premio Oscar Nicola Piovani: «La filologia è pericolosa. Ad esempio c’è chi suona musica da camera con strumenti antichi e senza raddoppi, ma in una sala da 2700 posti. È un controsenso per una musica nata per luoghi raccolti. Io da certi stravolgimenti sto alla larga. Invece mi è piaciuto questo progetto perché mi ha permesso di lavorare con pochi musicisti e dal vivo, e di avere una stretta interazione tra musica e attori, ad esempio uno stacco musicale su un preciso movimento di un attore o su un cambio scena, e questa secondo me è la “musica teatrale”». La costumista Nanà Cecchi («con Carlo non siamo parenti» specifica) è partita da un verso di Baudelaire che il regista le ha fatto leggere: «Parlava di leggerezza, colore, movimento, come nel pittore Watteau. Che ho cercato di ricreare, senza dare ai costumi una epoca precisa».
Repliche fino a sabato. Domani alle 17,45 incontro con gli attori in Biblioteca civica.
di William Shakespeare
traduzione Patrizia Cavalli
regia Carlo Cecchi
musiche di scena Nicola Piovani
scena Sergio Tramonti
costumi Nanà Cecchi
disegno luci Paolo Manti
ORSINO, Duca d’Illiria Remo Stella
VALENTINO, Gentiluomo al servizio del Duca Giuliano Scarpinato
UFFICIALE al servizio del Duca Rino Marino
VIOLA, poi travestita da CESARIO Eugenia Costantini
SEBASTIANO, suo fratello gemello Davide Giordano
CAPITANO della nave naufragata Rino Marino
ANTONIO, altro capitano di mare, amico di Sebastiano Federico Brugnone
OLIVIA, Contessa Barbara Ronchi
MARIA, sua cameriera personale Antonia Truppo
SIR TOBY, zio di Olivia Tommaso Ragno
SIR ANDREW, protetto di Sir Toby Loris Fabiani
MALVOLIO, maggiordomo di Olivia Carlo Cecchi
FABIAN, al servizio di Olivia Giuliano Scarpinato
FESTE, buffone di Olivia Dario Iubatti
musicisti
Luigi Lombardi d’Aquino tastiere e direzione musicale
Ivan Gambini strumenti a percussione
Alessio Mancini flauti e chitarra
assistente alla regia Dario Iubatti
assistente alla scena Sandra Viktoria Müller
direttore tecnico dell’allestimento Roberto Bivona
tecnico luci Camilla Piccioni
macchinista Edoardo Romagnoli
sarta Marianna Peruzzo
amministratore di compagnia Francesca Leone
direttore di produzione Marta Morico
comunicazione e ufficio stampa Beatrice Giongo
MARCHE TEATRO
in collaborazione con Estate Teatrale Veronese
EQUIVOCI E SCAMBI DI IDENTITÀ PER UN GIOCO ATTORIALE STRAORDINARIO
Carlo Cecchi torna a Shakespeare per misurarsi con La dodicesima notte, una commedia corale fondata sugli equivoci, sugli scambi di identità e di genere. Il testo shakespeariano, esaltato dalla traduzione della poetessa Patrizia Cavalli, dalle musiche di Nicola Piovani e dai sontuosi costumi di Nanà Cecchi, permetterà ancora una volta al regista, anche interprete nelle vesti di Malvolio, di orchestrare un gioco attoriale straordinario, lavorando sulla stilizzazione e sull’essenza dei personaggi attraverso quella maestria che ha fatto di lui il più moderno tra i grandi registi-interpreti del teatro italiano.
“Shakespeare è il Teatro assoluto. Un’attualità che va al di là dell’attualità. È talmente universale Shakespeare… che quasi miracolosamente, diventa sempre, immediatamente, Teatro”. (Carlo Cecchi)