Je suis Charlie
In tutto il mondo da ieri scorre la campagna “Je suis Charlie” dopo il sanguinoso attentato alla rivista satirica francese Charlie Hedbo
VERONA – PIAZZA DEI SIGNORI, sabato 10 gennaio ore 16
Galleria fotografica Je suis Charlie Verona
Il bel video di Enrico Linaria della manifestazione a Verona
Silenzi, matite e candele
Anche Verona è Charlie
Simone Antolini
Centinaia di persone, anche cittadini d’Oltralpe. Ma l’imam Guerfi: «Noi però non siamo per Charlie ma per l’agente Ahmed»
domenica 11 gennaio 2015 CRONACA, pagina 12
Piazza dei Signori prende vita intorno alle 16. L’urlo silenzioso è una frase che ha fatto il giro del mondo: «Je suis Charlie». Manifesto della libertà. Di parola, di pensiero, di satira. Verona diventa una piccola Parigi. Perchè l’urlo di dolore è partito proprio da lì. Improvvisato reading sotto gli occhi di Dante Alighieri, in eterna contemplazione. Ieri sera più che mai. Ognuno porta il suo pensiero. Non mancano gli artisti che mescolano arte a ironia e satira. E il giorno anche dei vignettisti: Milo Manara, Gianni Burato, Giancarlo Zucconelli. Il mondo di Charlie è soprattutto il loro mondo.
L’iniziativa di piazza dei Signori, nata spontaneamente da un gruppo di cittadini, ha trovato amplificazione nel rendez vous organizzato da Radio Popolare, Cgil, Cisl, Uil e Arci di Verona, anche loro presenti per commemorare, riflettere e confrontarsi al grido di «Je suis Charlie».
Hanno aderito all’iniziativa Movimento Nonviolento, Sel, Emergency, Consiglio Islamico, Legambiente, Comitato veronese per le iniziative di pace, Nigrizia, Rete degli studenti medi, Unione degli universitari di Verona. In tutto 400 persone. Le parole? Tante.
«La libertà non è morta. E siamo qui per ricordarcelo». Voce di piazza. Tante voci. Toni compassati e più decisi. Sempre lo stesso punto di arrivo. La loggia di Fra Giocondo si sta rifacendo il trucco e i muri di compensato che la proteggono vengono tapezzati da tanti disegni. Tutti in fila. Alcuni colpiscono al cuore. Per esempio una matita grigia in campo bianco. Una scritta in francese che tradotta recita così: questa non è un’arma di distruzione di massa. E ancora: tre matite, tre scritte. Ieri, oggi e domani. L’oggi vede la matita spezzata. Il domani vede due matite nate dalla rottura della prima. Chiaro no? Non c’è fine, ma voglia di continuare.
Martine viene dalla Bretagne. Il suo paese d’origine è Lorient. Ormai vive da tempo a Verona. Ha vissuto da qui il dramma di Charlie Hebdo. «Agghiacciante» dice. «Adesso c’è preoccupazione. A Parigi la convivenza è difficile. Io ho tanti amici musulmani, mai penserebbero di arrivare ad uccidere persone». In nome di Dio. Appaiono due bandiere: Francia e Marocco. Volti giovani di ragazzi musulmani arrivati a raccontare il loro Charlie. Parla l’imam Mohamed Guerfi: «L’Islam è pace. Siamo qui per portare la nostra testimonianza contro ogni crimine causato dai terroristi che indossano una veste religiosa per interessi personali ed economici. Oggi, però, non possiamo dire di essere per Charlie, ha dato istigazione all’odio. Siamo, invece, per Ahmed, che da poliziotto ha perso la sua vita mentre stava svolgendo il suo lavoro. Parlo contro ogni ipocrisia, ribadendo massima solidarietà per le vittime». I ragazzi islamici rispondono all’assessore regionale Elena Donazzan che ha chiesto «una ferma condanna senza alcun distinguo tra italiani, francesi o islamici, se questi ultimi vogliono veramente essere considerati diversi dai terroristi che agiscono gridando Allah è grande». La risposta: «La religione viene usata come causa e pretesto. Discriminare l’Islam non ha senso. Qui non si parla di fedeli ma di terroristi».
Contrappunto. Parla Gianni Burato, ex Verona Infedele: «È un dovere andare avanti. Le pagine di Charlie erano anti-tutto. Si vuol far passare, invece, che questa è una lotta di religione. Ma non è così. E una lotta tra cretini integralisti di tutti i generi che non vogliono il progresso. E quindi bisogna andare avanti».
Charlie Hebdo, le firme di punta uccise nell’attentato al settimanale satirico
“Ancora nessun attentatoin Francia. ‘Aspettate, abbiamo ancora fino a fine gennaio per compierne’”. Una delle ultime vignette disegnate dal direttore del settimanale francese Charlie Hebdo, Stéphane Charbonnier (in arte “Charb“), oggi è vista come una premonizione. E come, se non con l’ironiatagliente e fuori dalle regole che ha da sempre contraddistinto il giornale parigino, i suoi vignettisti potevano raccontarne il momento più buio. Charlie Hebdo ha perso le sue matite più appuntite, spezzate daikalashnikov di due, o forse tre, attentatori che, il 7 gennaio, hanno fatto irruzione nella redazione parigina durante una riunione e hanno aperto il fuoco gridando “Allah Akbar“.
Tra i morti c’è proprio lui, Charb, che nel 2006 sventolava le copie del proprio giornale che riprendeva le vignette di un altro quotidiano satirico, il danese Jyllands-Posten, cheraccontava a modo suo “la vita di Maometto“. “Una biografia autorizzata dall’Islam, che riprende episodi tratti dal Corano, ma raccontati attraverso le immagini”. Così Charbonnier aveva spiegato le intenzioni della testata dopo le polemiche sollevate da tutto il mondo musulmano e non solo. Irrispettosi nei confronti della religione: così, da quel momento, erano stati etichettati i vignettisti di Charlie Hebdo. Ma a Charb e colleghi non importava, anzi. Il loro lavoro era proprio quello di fare scandalo. Per questo, quando il 47enne è diventato direttore del settimanale, nel 2009, lo stile che lo contraddistingue non è cambiato. Ancora vignette, ancora satira estrema e ancora polemiche, tanto che nel 2011 il giornale è stato colpito da un altro attentato a suon di molotov, dopo la vignetta satirica ancora sul profeta Maometto dal titolo “100 frustate se non muori dalle risate”. “Preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio”, aveva detto in un’intervista a Le Monde di due anni fa.
Il giornale, però, ha perso anche Cabu, Wolinski eTignous, altre matite storiche, soprattutto i primi due, che hanno reso famoso il settimanale. Cabu (Jean Cabut) faceva satira dagli anni ’60 su Hara-Kiri, il “padre” del settimanale francese colpito dall’attentato, quando ancora Charlie Hebdo non esisteva. Poi, quando nel 1970 la rivista venne chiusa, migrò con tanti altri nella redazione del neonato periodico parigino. Un padre fondatore, quindi,antimilitarista, spiritoanarchico e abituato a lavorare a briglia sciolta. Famoso il suo Grand Duduche, giovane e pigro studente nemico dei militari. Anche lui ha messo la sua firma sul numero “incriminato” del 2006, proprio con una vignetta su Maometto.
Altra penna uscita dalla redazione di Hara-Kiriè Georges Wolinski, 80 anni, un altro dei creatori diCharlie Hebdo. Matita considerata tra le migliori e più irriverenti di Francia, disegnava anche per L’Humanité e Paris-Match. Lingua appuntita almeno quanto l’attrezzo del mestiere, Wolinski era solito a uscite provocatorie e che sollevavano spesso polemiche: “Bisogna migliorare la condizione della donna: per esempio ingrandendo le cucine, abbassando i lavelli”, disse in una delle sue battute più famose. Una penna troppo appuntita, come una spada, anche a 80 anni compiuti, e che a molti non piaceva.
L’attentato ha colpito anche Bernard Verlhac, in arte Tignous, il più giovane (57 anni). Una penna diversa, più moderna, che disegna ad alti livelli dagli anni ’80-’90. Anche lui, però, non aveva risparmiato l’Islam con la sua satira e i terroristi non hanno risparmiato lui: “Dopo la primavera araba, l’estate araba” aveva scritto in una delle sue vignette, che raffigura una donna nuda in spiaggia con il velo integrale che le copre il viso. (fonte)
Parmi les victimes, le caricaturiste et auteur de bande dessinée, Jean Cabut alias Cabu, l’une des principales signatures de Charlie Hebdo. Il avait également mis son immense talent au service de grandes causes, notamment avec l’association des Paralysés de France, pour qui il avait réalisé l’affiche de sa campagne sur l’accessibilité .
Su wikipedia
Je suis Charlie” (“I am Charlie”) is a statement used by supporters of free speech against the 7 January 2015 massacre in which 12 people were killed at the offices of satirical newspaper Charlie Hebdo in Paris. The statement identifies the speaker with those who died at the Charlie Hebdo shooting, and by extension for freedom of speech and resistance to armed threats. Some journalists embraced the expression as a rallying cry for the freedom of self-expression.
The website of Charlie Hebdo went offline shortly after the shooting, and when it returned it bore the legend Je Suis Charlie on a black background.[1]
The statement was used as the hashtag #jesuischarlie on Twitter,[2] as computer printed or hand-made placards and stickers, and displayed on mobile phones at vigils, and on many websites, particularly media sites.
While other symbols were used, notably holding pens in the air, and tweeting certain images, “Je Suis Charlie” is more widespread.
Contents
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Journalists[edit]
Beyond expressing sympathy for the victims, within hours of the attack the hashtag was embraced by journalists over the issue of censorship and threats. Sophie Kleeman of .mic wrote, “#JeSuisCharlie sends a clear message: Regardless of the threat of hatred or violence, journalists and non-journalists alike refuse to be silenced. As Charbonnier said in 2012, following the firebombing of his offices, ‘I have neither a wife nor children, not even a dog. But I’m not going to hide.'”[3]
Gene Policinski, chief operating officer of the Newseum Institute and senior vice president of the First Amendment Center, said the Charlie Hebdo killings were part of a string of recent threats toward journalists and freedom of speech, following North Korea’s threats over the 2014 film The Interview and ISIL’s executions of journalists. He noted that instead of being successful at silencing anyone, these attempts at censorship and the Paris massacre have backfired and instead brought more awareness and support to freedom of speech. “Ironically, such violence directed at journalists, authors and others is recognition that free expression and the marketplace of ideas—enshrined in the U.S. in the First Amendment—is a powerful weapon against tyranny,” he wrote. “For more than 220 years, in the U.S., the 45 words of the First Amendment have defined the nation’s core freedoms of religion, speech, press, assembly and petition. We now have another few words that will serve as a global means of declaring those freedoms: #JeSuisCharlie.”[4]
Journalist Peter Bella wrote that more than 100 reporters were killed “doing their jobs” in 2014 and that “many were executed just because they were journalists.” He said the hashtag was “was created to support Charlie Hebdo, the victims, and freedom of the press, speech, and expression. I am Charlie. You are Charlie. We are all Charlie.”[5]
Sarah Harvard of the Huffington Post also expressed solidarity, tweeting “I’m a Muslim journalist. Although I disagree w/ anti-Islam cartoons, my faith compels me to respect the rights of others. #JeSuisCharlie.”[6]
Twitter[edit]
- Je suis Charlie trended at the top of Twitter hashtags on 7 January 2015. By Wednesday afternoon it had appeared more than 250,000 times.[7]
- The U.S. Embassy in Paris changed its Twitter profile picture to the “Je suis Charlie” placard.[8]
Demonstrations[edit]
The Je suis Charlie placards and mobile phone displays were used:
- By demonstrators at the Place de la Republique in Paris.[9]
- By 10,000 demonstrators in Toulouse.[10]
- At a demonstration in Strasbourg.
- At a silent vigil in Trafalgar Square in London.[11]
Media and other websites[edit]
Je suis Charlie was used on the following websites:
- Libération, Le Monde, and Le Figaro and other French media used it as a banner across the top of their websites.[12]
- The Spectator writer Alex Massie in his article Je suis Charlie.[13]
- On January 7th, Reddit changed their logo to show their mascot holding a Je suis Charlie placard.
- More than 30 journalism agencies and organizations in the United States (including the National Press Photographers Association, the Online News Association, the Society of Professional Journalists, theNewseum, the National Press Club, and the Newspaper Association of America) joined Charlie Hebdo in solidarity by adding their name to a Je suis Charlie banner.[14]
- On January 8th, Belgian financial newspaper De Tijd and French newspapers Libération and L’indépendantissued entirely black front pages referencing the Je suis Charlie slogan.[15][16]
References[edit]
- Jump up^ “Charlie Hedbo Official Website”. 7 January 2015.
- Jump up^ Richard Booth (7 January 2015). “‘Je suis Charlie’ trends as people refuse to be silenced by Charlie Hebdo gunmen”. Daily Mirror.
- Jump up^ Sophie Kleeman (7 January 2015). “#JeSuisCharlie Stands Up for Free Speech After Deadly Attack on French Magazine”. Mic.
- Jump up^ Gene Policinski (7 January 2015). “First Amendment: #JeSuisCharlie—another way to say ‘freedom’”. Gazette Extra.
- Jump up^ Peter Bella (7 January 2015). “#JeSuisCharlie: The price of freedom is never too high”. ChicagoNow.
- Jump up^ Sarah Harvard (7 January 2015). “I’m a Muslim journalist. Although I disagree w/ anti-Islam cartoons, my faith compels me to respect the rights of others. #JeSuisCharlie”. Twitter.
- Jump up^ Morgane Tual and William Audureau (7 January 2015). “#JeSuisCharlie : sur Internet, vague mondiale d’émotion après la tuerie de « Charlie Hebdo »” (in French). Le Monde.
- Jump up^ “#JeSuisCharlie: World stands with Charlie Hebdo victims”. RT.com. 7 January 2015.
- Jump up^ Fabian Feder (7 January 2015). “”Je suis Charlie”: Hitzige Debatten auf Twitter”. Tages Spiegel (in German).
- Jump up^ “Charlie Hebdo : 10.000 personnes rassemblées à Toulouse”. Le Figaro(in French).
- Jump up^ “London holds silent vigil in solidarity with Charlie Hebdo”. I. 7 January 2015. Retrieved 7 January 2015.
- Jump up^ “17:59 French papers carry black banners”. BBC. 7 January 2015.
- Jump up^ Alex Massie (7 January 2015). “Je Suis Charlie”. The Spectator.
- Jump up^ Mullin, Benjamin (7 January 2015). “‘Je Suis Charlie’: U.S. journalism organizations join Charlie Hebdo in solidarity”. Poynter. Retrieved7 January 2015.
- Jump up^ Hare, Kristen (8 January 2015). “After the shooting at Charlie Hebdo, front pages push back”. Poynter. Retrieved 8 January 2015.
- Jump up^ Mazza, Ed (7 January 2015). “Newspapers React To Charlie Hebdo Attack With Show Of S