“Il sogno di Brent”, disabilità e animazione
“Non è importante avere le gambe ma avere un sogno“: a pronunciare questa frase è Brent, un ragazzino inglese che un giorno perde gli arti inferiori a causa di un incidente. La sofferenza, la rabbia, la delusione sono solo alcune delle emozioni che prova quando capisce che non potrà più gareggiare. Parte così il TV movie animato Il sogno di Brent, andato in onda domenica 1 dicembre 2013 su Rai Due in occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità (il 3). Coprodotto da Rai Fiction e Lucky Dreams, la società del campione di pallavolo Andrea Lucchetta, s’inserisce nella serie TV Spike Team (a fine gennaio gli episodi della stagione due) con una marcia in più.
Scritto e diretto da Alessandro Belli, il racconto vanta un respiro internazionale anche nella volontà di staccarsi dalla narrazione classica sul tema. Qui non ci sono buonismi né situazioni edulcorate: con un suggestivo taglio realistico il messaggio arriva forte e chiaro e invita a non perdere mai fiducia in se stessi, neppure di fronte a incidenti considerati insormontabili.
Durante la presentazione in una scuola romana Luca Milano (vice direttore di Rai Fiction) e Claudia Sasso (responsabile della programmazione e produzione per bambini di Rai Due) abbiano condiviso le speranze e gli obiettivi di un progetto coerente, coraggioso e innovativo.
Qual è l’idea originale di questo tv movie?
Luca Milano: Questo film è coraggioso e diverso perché racconta la realtà dei giovani che hanno avuto un incidente. È raro che in tv si veda un tv movie animato di questo livello.
Qual è il messaggio forte?
Claudia Sasso: Rai Due guarda ai ragazzi e alle famiglie e ha un’attenzione altissima nei confronti delle problematiche sociali, in passato abbiamo parlato, tra gli altri temi, anche di bullismo e lavoro minorile. Il messaggio, in onore di questa giornata, è meraviglioso: il sogno apre al riscatto e l’happy ending dimostra che non bisogna mai smettere di credere di potercela fare.
Alessandro Belli: Un evento catastrofico può spalancare porte che prima non vedevamo, come dimostra Giusy Versace, la cui storia è stata inserita nel cartone.
Andrea Lucchetta: Ogni volta che vedo il film piango: abbiamo messo dentro tutte le nostre emozioni. Il messaggio è proprio questo: se i casi della vita spezzano un sogno si può creare un percorso alternativo. Brent, in seguito all’incidente, cambia motore per raggiungere l’obiettivo di essere il più veloce: non è più una moto, ma uno a battito cardiaco.
Che riscontri avete avuto dal pubblico?
Andrea Lucchetta: Abbiamo presentato un trailer di 12 minuti alle Paralimpiadi di Londra dove gli atleti ci hanno detto di essersi sentiti finalmente rappresentati. Finora il film è stato venduto in Polonia, Turchia, Brasile e Spagna.
Quale percorso segue il protagonista?
Andrea Lucchetta: Abbiamo puntato molto sull’aspetto psicologico della vicenda, che esplora anche l’aspetto del dolore, nel momento in cui Brent decide di usare le protesi. Nel frattempo la ragazza si allontana da lui, la madre lo mette sotto una campana di vetro, il papà sente di aver perduto il campione di casa ed il primo ad accorgersi del suo disagio è l’allenatore. Qui non si tratta di una disabilità del genere della pinna di Nemo…
Che ponte esiste tra questa storia e Spike Team?
Andrea Lucchetta: Brent farà parte della seconda stagione di Spike Team, che ruoterà attorno ad un mistero. Il cerchio si dovrebbe chiudere nella terza, ma il nostro desiderio resta quello di stimolare la crescita dei bambini anche attraverso la sconfitta. L’ho scoperto guardando sul divano i cartoni con i miei figli, da Pimpa a Winnie The Pooh: per comunicare con loro occorre conoscere quel linguaggio che amano.
Qual è la lezione più grande che hai imparato dallo sport?
Andrea Lucchetta: Pensare sempre in funzione del gruppo prima che a se stessi: quando ero capitano della nazionale mi è successo di dover stare accanto ad uno sportivo escluso dal campionato del mondo e in quelle occasione capisci davvero il peso degli ostacoli e cerchi la forza per superarli.
Lo sportivo con una disabilità ha ancora più difficoltà davanti a sé…
Andrea Lucchetta: Ho giocato con oltre 250 mila bambini nelle piazze e mi sono reso conto di come spesso il bimbo disabile venisse accantonato. Io sono per l’inclusione e finalmente le Paralimpiadi hanno dimostrato che c’è molto altro su questo mondo da far vedere. (fonte)