èdeMa/Medea al Teatro Laboratorio
èdeMa/Medea
di Stefano Betti e Flavio De Bernardinis
Verona, Teatro Laboratorio (ex Arsenale asburgico)
18 ottobre e 19 ottobre ore 21.00, 20 ottobre ore 16.30; 25 e 26 ottobre ore 19.00 con aperitivo, 27 ottobre ore 16.30
regia Isabella Caserta e Francesco Laruffa
con Francesco Laruffa
Questa Medea, intesa come Mater Terribilis, è stata condannata a rivivere per l’eternità, in una stanza prigione, l’ora dalla mezzanotte all’una, il suo dramma. Il testo getta un ponte tra passato e presente. Edema, acronimo di Medea, è il segno del ricordo di un dolore violento che affiora sulla pelle. La regia porta alla luce la dualità del personaggio in un continuo entrare e uscire da sé, dal mito alla realtà del quotidiano, dalla finzione scenica alla sua psicopatologia.”Il personaggio di questo spettacolo è affetto dal disturbo della personalità multipla, le cui inversioni sono assolutamente repentine. Vive di sé due personalità: vive se stesso come padre cattivo, e vive se stesso come Medea (madre cattiva, colei che ha ucciso i figli.)”
Vittorino Andreoli
info e prenotazioni 045/8031321 – 3466319280
www.teatroscientifico.com
Ha un titolo che non fa mistero della violenza e dei lividi che essa lascia sui corpi delle vittime ma anche nell’anima di chi tortura e uccide: i lividi del rimorso. Questo il tema del nuovo spettacolo della compagnia Teatro Scientifico che con èdeMa-Medea debutterà dopodomani (alle 21) al Teatro Laboratorio all’Arsenale, per la regia di Isabella Caserta e Francesco Laruffa. Si tratta di un monologo e il protagonista è un uomo, l’attore Francesco Laruffa, che entra ed esce dalla figura della madre assassina, la greca figlia di Eete, re della Colchide, e Idia, secondo varie fonti nipote di Apollo e della maga Circe. La tragedia di Euripde e di Seneca, i due grandi commediografi dell’antichità che hanno reso immortale la tragedia di questa donna barbara che uccide i figli Mermero e Fere avuti da Giasone per assicurarsi che egli non abbia discendenti, è giunta fino a noi quale baluardo della storia del teatro classico, ma l’allestimento che propone il Teatro Scientifico si basa sulla riscrittura della tragedia, in chiave attuale. Ispirato alla cronaca nera d’oggi, fatta dagli autori contemporanei Stefano Betti e Flavio de Berardinis, il racconto ha per protagonista una Medea uomo che soffre di disturbo della personalità multipla. «Per addentrarci profondamente nella psiche del protagonista della vicenda abbiamo avuto la consulenza dello psichiatra Vittorino Andreoli che ci ha fatto capire cosa succede nella mente di una persona che soffre di questa malattia psichica», spiega Isabella Caserta che ha collocato il lavoro tra passato e presente, allo stesso modo di come si muove il tempo nel cervello del padre di famiglia che non può dimenticare ciò che è accaduto, a causa sua, ai suoi figli e ogni notte, da mezzanotte alle una, passa ad un’altra dimensione esistenziale, dalla la quale però fugge per poi rientrare». La Caserta non vuole svelare i dettagli del dramma che ha molti colpi di scena e fonda la trama sull’inaspettato, ma confida nel fatto che la scenografia è costituita da oggetti simbolici, una scala e un catafalco, più simile a una giaciglio-branda che ad un letto normale: attorno a queste suppellettili si consuma un’odissea, tra luci, ombre e presenza di terra in scena, l’elemento che ci tiene coi piedi al suolo e non rende astratto il messaggio dell’opera. «Dal mito alla cronaca attuale Medea incarna la dualità», prosegue la Caserta, «e in lei trabocca il ricordo di un dolore tremendo, dentro unaa stanza, in cui tutto si consuma. È la gabbia nella quale la psicopatologia del personaggio si nutre della linfa della mater terribilis». Accompagnato da musiche gotiche e rock èdeMa-Medea sarà replicata sabato (alle 21), domenica (alle 16,30), venerdì 25 e sabato 26 (alle 19 con aperitivo) e domenica 27 (alle 16.30). A dicembre lo spettacolo approderà a Roma, al Teatro dell’Orologio. La rassegna del teatro Laboratorio proseguirà fino a a maggio con una rosa di spettacoli di cinema, musica, altri titoli di prosa ed eventi speciali: tra questi una veglia per Eluana Englaro, la ragazza in coma vegetativo, mai più risvegliatasi, per la quale il padre si è battuto per anni affinché fosse staccata la macchina che la teneva in vita.
Io so chi sono: èdeMa/Medea
«Io so chi sono: sono una donna. Sono una donna intrappolata nel corpo di un uomo». Inizia con questa affermazione il viaggio in cui ci conduce èdeMa/Medea, drammaturgia di S. Betti e F. De Bernardinis, messa in scena dal Teatro Scientifico – Teatro Laboratorio per la regia di Isabella Caserta e Francesco Laruffa, rappresentata ieri sera a Verona in prima nazionale.
Una rivisitazione del mito di Medea, o meglio di èdeMa/Medea, dove edema, anagramma di Medea, è a lei così intimamente legato da essere tutt’uno. Un viaggio nel mito e nel dolore dunque, dove il racconto teatrale crea continui collegamenti con il prensente, nelle vergogne di una società plastificata che continua a rifiutare il diverso, lo straniero, il vecchio, colui che indossa un differente abito mentale.
Una regia pulita, senza sbavature dà risalto alla complessità e alla molteplicità del personaggio in un continuo entrare e uscire da sé, dal mito alla realtà del quotidiano, dalla finzione scenica alla sua psicopatologia partendo dall’assunto iniziale: «Io so chi sono: sono una donna. Sono una donna intrappolata nel corpo di un uomo». Un uomo, che però è anche un attore e quindi uno, nessuno e centomila per definizione. Questa è la trappola che imprigiona Medea. Questa è la trappola dalla quale Medea non potrà più uscire. L’alienazione diventa l’unica possibilità di sopravvivenza per Medea la Mater terribilis, per l’attore, per l’uomo, per un’umanità che in preda ad una lucida follia uccide il proprio futuro.
Un carismatico e fisico Francesco Laruffa volta le spalle al suo pubblico, torna ad indossare il cappuccio del mantello rosso sangue, e ci lascia feriti, ma più forti di quando siamo entrati, grazie al viaggio nel quale siamo stati condotti, il viaggio nella consapevolezza, nella presa di coscienza. Unico punto di partenza possibile per il cambiamento.
Grazie Isabella Caserta, grazie Francesco Laruffa.
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