Cortile Mercato Vecchio
Lunedì 20 giugno 2016, ore 20.30
Ingresso libero
CHI PIANTA SEMI DI GUERRA RACCOGLIE RIFUGIATI
Nell’occasione della giornata mondiale del rifugiato, un gruppo spontaneo di cittadini organizza una manifestazione per promuovere i valori della fratellanza oltre ogni confine nazionale, culturale, religioso o etnico, la solidarietà con i popoli vittime di conflitti, ripudiando la guerra, le armi che la rendono possibile e qualsiasi tipo di violenza.
Musica, interventi, testimonianze, foto e documenti dal mondo dei rifugiati.
Organizzato da: One Bridge To Idomeni
In Collaborazione con: Cestim Verona, Movimento Nonviolento, Combonifem magazine mondo donna missione, Arci Verona, CGIL Verona, Associazione equilibrio precario, Laboratorio Autogestito Paratodos, Nigrizia Onlus, Radio Popolare, Legambiente Verona, BogOn.
Con il sostegno di: Monastero del Bene Comune, Comunita’ Emmaus Villafranca, Comunità della Madonnina, Associazione per la pace tra i popoli, Libera Verona Coordinamento Territoriale, Associazione Stella,veronetta129, Net Generation, Assopace verona, CdB Verona, Adl Cobas,Uil Verona, Mag Verona, EMERGENCY, Diritti per le nostre strade, Associazione Aquiloni, La Genovesa Onlus, Avvocato di Strada, Medici Senza Frontiere – Gruppo di Verona, MetisAfrica
Giornata del rifugiato tra testimonianze e foto
«Chi pianta semi di guerra, raccoglie rifugiati». È il messaggio per la sedicesima Giornata mondiale del Rifugiato con l’invito a partecipare stasera alla serata organizzata dal gruppo spontaneo di cittadini «One Bridge to Idomeni». Musica, interventi, testimonianze, foto e documenti dal mondo dei rifugiati si pongono con l’intento di promuovere i valori della fratellanza oltre ogni confine nazionale, culturale, religioso o etnico. Al centro c’è la solidarietà con i popoli vittime di conflitti, il ripudio della guerra e di qualsiasi tipo di violenza. L’iniziativa è supportata dalla rete di associazioni per la pace, la nonviolenza, la giustizia e la solidarietà. Assieme condividono e riportano una situazione così drammatica qual è quella dei rifugiati che fuggono dalla guerra, «alla quale», dicono gli organizzatori, «siamo tutti chiamati affinché terminino le ostilità e si possa ricostruire una speranza di vita per tutte queste persone». «L’idea», proseguono, «che la democrazia si possa esportare con la guerra non ha altro che prodotto violenze, carestie e da ultimo, rifugiati». One Bridge to Idomeni si costituisce con l’obiettivo di portare un concreto aiuto a centinaia di rifugiati bloccati sul confine Greco-Macedone. Si è così creato un ponte di volontari per fornire un aiuto ai profughi, ma anche per portare una controinformazione dai campi attraverso la partecipazione ad eventi con testimonianze di vita vissuta a Idomeni. «Il rifugiato», ricorda Giulio Saturni, «non scappa per volontà, ma perché nel proprio Paese c’è la guerra. L’auspicio è che l’Europa non costruisca muri, ma ponti uscendo dalle proprie paure e promuova concreti progetti di sviluppo».«La serata a Cortile Mercato Vecchio», prosegue Mao Valpiana (Movimento nonviolento), «è un’iniziativa che si inserisce in un percorso comune che ha visto nascere un’ampia rete di associazioni con il medesimo obiettivo e che ha fatto di Verona la capitale morale del pacifismo».«Il rifugiato», continua Carlo Melegari (Cestim), «è colui che ha bisogno di protezione internazionale in un Paese o in una regione che non sono suoi. Nel mondo, i rifugiati sono circa 70milioni: 40milioni sono sfollati all’interno della stessa area di guerra e 20milioni in altri Paesi. In Italia abbiamo un carico che non raggiunge il due per mille nelle province. Dobbiamo renderci conto delle proporzioni, anche in confronto agli altri Paesi».«In Italia si destinano», dice Michela Faccioli (Arci), «per le missioni militari all’estero risorse per oltre 1miliardo di euro a fronte di una cooperazione civile che si attesta attorno ai 90milioni di euro. Una sproporzione molto ampia».«Queste giornate», aggiunge Daniele Sartori (Cgil), «siano motivo di percorsi e di costruzione. C’è un’emergenza e si comprende. Non solo dal punto di vista delle guerre. Ci sono profughi che scappano anche da altri luoghi dove si muore di fame. Serve una rete al di là dell’emergenza».Chiude Giuseppina Scala (Aquiloni) sul tema economico: «Si spostano anche molti contadini privandoli della loro terra e facendone degli sfollati e, quindi, anche rifugiati. Spesso sono persone non riconosciute come tali, perché non provengono da Paesi in guerra».
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