Boudoir Disability: la femminilità dell’intimo
BOUDOIR DISABILITY di Portrait de Femme.
La nascita del progetto Boudoir Disability
BOUDOIR DISABILITY, quando un corpo non perfetto esalta la femminilità. (intervista su Il Fatto quotidiano)
Boudoir disability è un progetto forte che stravolge ogni stereotipo visivo e sociale usando sensualità e provocazione, una provocazione “leggera e positiva” per sfatare miti, tabù, paure, discriminazioni. Ma dietro a tutto questo c’è il diritto di essere persona e donna, non di serie B.
Immaginate una carrozzina, con un corpo adagiato solo per viverci ed essere traghettato. Un corpo che è, prima di ogni altro oggetto, una donna, che piace e si piace, che sa giocare con la propria sensualità fuori da ogni stereotipo. La fine di un tabù. La difficoltà di associare la disabilità all’essere femminile e al sentirsi donna, col giusto carico di sensualità, è ancora argomento off-limits nel nostro Paese. La fotografia di un corpo non perfetto porta a delle domande e a vivere emozioni o sentimenti contrastanti.
Micaela Zuliani (fotografa di Portrait de Femme, sempre attenta a rappresentare il mondo femminile reale, fuori dagli stereotipi) e Valentina Tomirotti (blogger e, come si definisce lei stessa, “giornalista a rotelle”) ci raccontano il loro progetto.
Perché avete scelto il boudoir per promuovere l’antidiscriminazione femminile?
V: Doveva essere qualcosa di immediato, doveva attrarre ma colpendo i punti giusti e non doveva trasformarsi in qualcosa di volgare. La missione è stata compiuta: queste foto sono un inno alla sensualità e non alla sessualità. Mi è piaciuta l’idea di Micaela di esaltare la femminilità in un corpo imperfetto attraverso l’uso della fotografia boudoir.
M: La società e la comunicazione di oggi utilizza l’immagine e il corpo per attirare l’attenzione, pertanto abbiamo voluto utilizzare lo stesso mezzo, ma andando al contrario, proponendo un corpo e un tipo di bellezza opposta a quella propinata quotidianamente. Dietro ad un corpo oggetto c’è sempre un soggetto, con sentimenti, anima, bisogni, diritti, ricordiamocelo!
Perché in lingerie?
V: La lingerie perché è il capo must per trasudare femminilità ed è un ottimo mezzo per abbattere stereotipi impolverati.
M: Nella nostra società il concetto di boudoir è ancora associato a qualcosa di volgare, e le foto in lingerie pure, ho voluto alleggerire il boudoir dalla sua connotazione negativa, rendendo esso stesso lo strumento per abbattere l’idea che solo una donna perfetta può essere fotografata in pose sensuali, sexy. Una donna può essere tale indipendentemente dal suo aspetto “esteriore”.
Questo progetto si fonda su una collaborazione tra una blogger e una fotografa. Dov’è la novità?
V: La novità è quello che vogliamo trasmettere e il come. Una ragazza che nella vita lavora nel sociale, scrive di moda e mastica socialmedia come caramelle è anche donna che si piace e può piacere. Sapevo che Micaela era il ‘mezzo’ ottico perfetto per trasmettere tutto questo. Lei fotografa le curve femminili ma scava e riesce a far emergere emozioni che forse non sappiamo nemmeno di provare.
M: Con Valentina è stata sintonia al primo incontro. Solo vedendola si capisce dove vuole arrivare e cosa vuole trasmettere. La felicità di aver prodotto e sostenuto un progetto così importante è un gran traguardo per Portrait de Femme. La novità è che entrambe utilizziamo l’ironia, la provocazione e un grande entusiasmo per rompere schemi mentali.
In questi giorni si parla tanto di uguaglianza di diritti. L’Italia è pronta per questi progetti?
V: L’Italia è come un diesel, deve carburare, digerire ogni cosa che, apparentemente, esce dal seminato di cosa buona e giusta. I progetti di sensibilizzazione sociale devono esistere per offrire una chiave di lettura che possa raggiungere un pubblico sempre più vasto. Ben vengano gli sguardi curiosi, ma sani, le domande sincere ma respirate prima di essere emesse. C’è bisogno di dialogo, in un modo o nell’altro, gli italiani devono rendersene conto. La direzione della società sta portando ad un imbuto. Noi siamo per non avere costrizioni di genere di qualsiasi tipo. Senza ledere il prossimo, è giusto che ognuno sia sé stesso. L’uguaglianza dei diritti è tutta qui.
M: L’Italia apparentemente non è mai pronta per cose nuove, almeno alcuni credono questo, ma in realtà se una cosa è fatta con amore e trasparenza le persone la percepiscono e non ne hanno paura, anzi sono molto più incuriosite dalla novità e dall’apertura mentale. Crediamo che una parte delle persone sia stanca di vivere nell’intolleranza, nella falsità degli stereotipi di bellezza: è notizia di pochi mesi fa la nuova legge passata all’estero in cui le fotografie pubblicate sui giornali se sono ritoccate con Photoshop devono averlo scritto sotto. Certo ancora siamo all’inizio perché viviamo in un paese con una mentalità ancora maschilista, dove la donna viene utilizzata come oggetto sessuale in ogni situazione, in ogni pubblicità, discriminata sul lavoro e nella società stessa e deve essere bella e perfetta. Ma Portrait de Femme nel suo piccolo si sta attivando in questo senso, portando avanti quotidianamente una “battaglia” nel far vedere una donna vera con le sue imperfezioni e le sue unicità.
Come ha reagito il pubblico?
V: Il nostro progetto è approdato prima in rete come un bel fulmine a ciel sereno. Abbiamo mantenuto il segreto fino all’ultimo. La pubblicazione di una semplice foto del servizio, ha pensato a parlare per noi. Pioggia di complimenti e iniezioni di coraggio sono arrivate a 360°. La cosa più emozionante sono stati i messaggi di altre donne che ci ringraziavano perché il nostro coraggio e forse un po’ di faccia tosta hanno dato a loro una buona carica per rimettersi in gioco. Ecco, questo progetto lo definirei una riabilitazione per le donne e il sentirsi femminile. Non crediamo di aver mosso i macigni delle discriminazioni, ma senza dubbio abbiamo raccontato una parte del rovescio della medaglia dell’essere disabile e donna.
M: Per quanto riguarda la disabilità c’è ancora tanto da fare: siamo anni indietro non solo rispetto alla mobilità ma anche alla visione stessa della persona con handicap per cui chi è disabile debba essere per forza brutto, senza interessi, senza passioni, senza bisogni sessuali e di altro tipo. Il pubblico ha reagito benissimo. Meglio di quanto ci aspettavamo, credo che la nostra carta vincente sia e sia stata l’entusiasmo che ci caratterizza e la leggerezza con cui l’abbiamo portato avanti. Non c’è serietà, drammaticità e c’è soprattutto la voglia di far vedere le cose come stanno senza censure, da qui il corpo fotografato completamente insieme alle cicatrici, l’addome, in slip sulla carrozzina e senza. La condivisione è stata massiccia ed è stato bello ricevere messaggi privati di chi si fa i complessi per la cellulite o qualche kg di troppo oppure da ragazze disabili che vogliono farsi fotografare perché stufe di nascondersi dietro alla sedia a rotelle.
Ciò che identifica questo tipo di fotografia non è indossare un certo indumento, ma usare la propria sensualità attraverso uno sguardo, una postura, un movimento delle proprie mani per raccontare chi siamo…..
Ideato nel 2011 dalla fotografa Micaela Zuliani poliedrica artista, sempre attenta al mondo delle donne, attraverso campagne di sensibilizzazioni sociale sul femminicidio, disturbi alimentari, disabilità, prevenzione e lotta contro il cancro con il progetto ambizioso PORTRAIT DE FEMME THERAPY in collaborazione con la LILT Bologna (dettagli) e il nuovo progetto “Boudoir Disability” (dettagli).
PORTRAIT DE FEMME ® non è solo shooting ma un brand interessato al mondo della donna a 360°, da qui la realizzazione di eventi dove la donna è la protagonista indiscussa: boudoir letterario, rappresentazioni culturali, progetti con un fine benefico-sociale.http://www.portraitdefemme.eu/