beppe severgnini al teatro nuovo di verona per la rassegna idem parla di indro montanelli, ennio flaiano Teatro Nuovo

Beppe Severgnini, Indro Montanelli ed Ennio Flaiano


Per la Rassegna Idem la sagace ironia di Beppe Severgnini, con la musica della Storyville Jazz Band al Teatro Nuovo di Verona

  • Storyville Jazz BandBEPPE SEVERGNINI al Teatro Nuovo di Verona USO CORRETTO DEL FILO INTERMENTALE MONTANELLI E FLAIANO IN SOCCORSO AGLI ITALIANI DI DOMANI Introducono e dialogano: Andrea Battista – comitato editoriale IDEM Alessandra Zecchini – direttivo IDEM Interventi musicali: Storyville Jazz Band
  • Storyville Jazz BandBEPPE SEVERGNINI al Teatro Nuovo di Verona USO CORRETTO DEL FILO INTERMENTALE MONTANELLI E FLAIANO IN SOCCORSO AGLI ITALIANI DI DOMANI Introducono e dialogano: Andrea Battista – comitato editoriale IDEM Alessandra Zecchini – direttivo IDEM Interventi musicali: Storyville Jazz Band
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  • Beppe Severgnini e Andrea BattistaBEPPE SEVERGNINI al Teatro Nuovo di Verona USO CORRETTO DEL FILO INTERMENTALE MONTANELLI E FLAIANO IN SOCCORSO AGLI ITALIANI DI DOMANI Introducono e dialogano: Andrea Battista – comitato editoriale IDEM Alessandra Zecchini – direttivo IDEM Interventi musicali: Storyville Jazz Band
  • Andrea Battista, Beppe Severgnini e Alessandra ZecchiniBEPPE SEVERGNINI al Teatro Nuovo di Verona USO CORRETTO DEL FILO INTERMENTALE MONTANELLI E FLAIANO IN SOCCORSO AGLI ITALIANI DI DOMANI Introducono e dialogano: Andrea Battista – comitato editoriale IDEM Alessandra Zecchini – direttivo IDEM Interventi musicali: Storyville Jazz Band
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  • PanoramicaBEPPE SEVERGNINI al Teatro Nuovo di Verona USO CORRETTO DEL FILO INTERMENTALE MONTANELLI E FLAIANO IN SOCCORSO AGLI ITALIANI DI DOMANI Introducono e dialogano: Andrea Battista – comitato editoriale IDEM Alessandra Zecchini – direttivo IDEM Interventi musicali: Storyville Jazz Band
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  • Alessandra ZecchiniBEPPE SEVERGNINI al Teatro Nuovo di Verona USO CORRETTO DEL FILO INTERMENTALE MONTANELLI E FLAIANO IN SOCCORSO AGLI ITALIANI DI DOMANI Introducono e dialogano: Andrea Battista – comitato editoriale IDEM Alessandra Zecchini – direttivo IDEM Interventi musicali: Storyville Jazz Band
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Beppe Severgnini legge Ennio Flaiano:
Consigli di Ennio Flaiano a un giovane analfabeta che vuol darsi alla letteratura attratto dal numero dei premi letterari

Chi apre il periodo, lo chiuda.
È pericoloso sporgersi dal capitolo.
Cedete il condizionale alle persone anziane, alle donne e agli invalidi.
Lasciate l’avverbio dove vorreste trovarlo.
Chi tocca l’apostrofo muore.
Abolito l’articolo, non si accettano reclami.
La persona educata non sputa sul componimento.
Non usare l’esclamativo dopo le 22.
Non si risponde degli aggettivi incustoditi.
Per gli anacoluti, servirsi del cestino.
Tenere i soggetti al guinzaglio.
Non calpestare le metafore.
I punti di sospensione si pagano a parte.
Non usare le sdrucciole se la strada è bagnata.
Per le rime rivolgersi al portiere.
L’uso del dialetto è vietato ai minori di 16 anni.
È vietato servirsi del sonetto durante le fermate.
È vietato aprire le parentesi durante la corsa.
Nulla è dovuto al poeta per il recapito.


Beppe Severgnini e l’ironia

Beppe Severgnini su Controcorrente, Primavera di Praga e Craxi

Finale in musica con la Storyville Jazz Band

Citazioni di Ennio Flaiano

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.

Ennio Flaiano (1910 – 1972), scrittore, sceneggiatore, giornalista, critico teatrale e cinematografico italiano.

  • È probabile che un giorno il successo convincerà Carmelo Bene di aver sbagliato tutto, il successo può arrivare fatalmente in una “civiltà di consumi” che adotta e riconosce con furia come proprie le novità che appena ieri riteneva aliene e sovvertitrici. (6 aprile 1967)[1]
  • Io credo nella necessità di una certa follia […] Carmelo Bene mette nel suo amore per il teatro una notevole mancanza di raziocinio, ed è per questo che i suoi spettacoli, persino al limite dell’indignazione, hanno qualcosa di impensabile e di affascinante. […] C’è insomma in Carmelo Bene, una volta avviato il giuoco, quasi il proposito di soffocare le sue felici intuizioni nella routine del bizzarro […] Detesto chi fa i baffi alla Gioconda, ma non ho niente da dire a chi la prende a pugnalate. (15 marzo 1964)[2]
  • Io, quando leggo Brera, non lo capisco.[3]
  • L’inferno, che l’italiano si ostina a immaginare come un luogo dove, bene o male, si sta con le donne nude e dove con i diavoli ci si mette d’accordo. (1970; da Sparse, in Frasario essenziale)
  • L’Italia è un paese dove sono accampati gli italiani. (citato in Corriere della sera, 26 maggio 2009)
  • La parola serve a nascondere il pensiero, il pensiero a nascondere la verità. E la verità fulmina chi osa guardarla in faccia. (da Un marziano a Roma[4])
  • La stupidità ha fatto progressi enormi. È un sole che non si può più guardare fissamente. Grazie ai mezzi di comunicazione, non è più nemmeno la stessa, si nutre di altri miti, si vende moltissimo, ha ridicolizzato il buon senso, spande il terrore intorno a sé. (da Ombre grigie, elzeviro sul Corriere della sera, 13 marzo 1969)[5]
  • Se i popoli si conoscessero meglio, si odierebbe­ro di più.[6]
  • [Patroni Griffi] Se la prende col pubblico di “malpensanti” che va a vedere gli spettacoli di Carmelo Bene nella speranza di assistere ad uno scandalo, come se per assistere ad uno scandalo, in questo paese, sia indispensabile andare a teatro. (19 aprile 1964)[7]
  • Tuttavia Roma è la mia città. Talvolta posso odiarla, soprattutto da quando è diventata l’enorme garage del ceto medio d’Italia. Ma Roma è inconoscibile, si rivela col tempo e non del tutto. Ha un’estrema riserva di mistero e ancora qualche oasi.[8]

Attribuite

  • Uccide la suocera scambiandola per la moglie. (da Diario notturno e altri scritti, Bompiani, 1956)
Come specificato da Flaiano stesso, si tratta in realtà del titolo di un articolo pubblicato anni prima da un giornale romano.
  • Gli italiani corrono sempre in aiuto del vincitore. (citato in Giuseppe PrezzoliniItalia fragile, Pan, Milano 1975)
Riportando le parole dell’autore: “Bruno Barilli scrisse: «L’italiano vola in soccorso del vincitore»” (La solitudine del satiro, Adelphi, p. 154). Si veda anche l’articolo CagliostroIl Mondo, 4 giugno 1949: “La verità è che molti italiani sono soltanto degli ottimi e incondizionati ammiratori: e questa loro tendenza è aggravata da quell’altra tendenza mirabilmente intuita da Bruno Barilli con queste parole che ricaviamo da un Suo vecchio scritto: «Gli italiani volano in soccorso del vincitore».” Una frase simile di Barilli è ne Il paese del melodramma: “Voi volate sempre in soccorso del vincitore”.
  • In ogni minoranza intelligente c’è una maggioranza di imbecilli. (da La solitudine del satiro‎)
Flaiano cita, in realtà, André Malraux.

Autobiografia del Blu di Prussia

  • Da quando l’uomo non crede più all’inferno, ha trasformato la sua vita in qualcosa che somiglia all’inferno. Non può farne a meno.[9]
  • I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.
  • Il pensare ai buoni momenti del passato non ci conforta perché siamo convinti che oggi li sapremmo affrontare con maggiore intelligenza e trarne migliore profitto.
  • In amore bisogna essere senza scrupoli, non rispettare nessuno. All’occorrenza essere capaci di andare a letto con la propria moglie.
  • L’unico modo di trattare una donna alla pari è desiderarla come uomo.[10]
  • L’uomo molto ricco deve parlare sempre di poesia[10] o di musica ed esprimere pensieri elevati, cercando di mettere a disagio le persone che vorrebbero ammirarlo per la sua ricchezza soltanto.
  • La castità è il miraggio degli osceni.
  • La pornografia è noiosa perché fa del pettegolezzo su un mistero.
  • La serietà è apprezzabile soltanto nei fanciulli. Negli uomini saggi è il riflesso della rinuncia.
  • Sei stato condannato alla pena di vivere. La domanda di grazia, respinta.

Taccuino del Marziano

  • Chi rifiuta il sogno deve masturbarsi con la realtà[11]
  • Il mio gatto fa quello che io vorrei fare, ma con meno letteratura.[12]
  • Il peggio che può capitare a un genio è di essere compreso.[13]
  • L’arte è un investimento di capitali, la cultura un alibi.[14]
  • L’avarizia è la forma più sensuale di castità.[10]
  • L’evo moderno è finito. Comincia il medio-evo degli specialisti. Oggi anche il cretino è specializzato.[14]
  • Quando la vanità si placa l’uomo è pronto a morire e comincia a pensarci.[14]

Diario degli errori

  • Afflitto da un complesso di parità. Non si sente inferiore a nessuno. (in treno verso Firenze, settembre 1965)
  • Aspettando tempi migliori, che non vengono mai. (Bologna, aprile 1956)
  • Cercava la verità nella fica: e tutto quello che otteneva, era di addormentarcisi sopra – dopo. (1965)
  • Chi mi ama mi preceda. (23 aprile 1965)[15]
  • – Diavolo, vado bene di qui per l’inferno?
    – Sì, sempre storto. (23 aprile 1965)[16]
  • capolavori oggi hanno i minuti contati.[17]
  • I versi del poeta innamorato non contano.
  • In amore gli scritti volano e le parole restano. (23 aprile 1965)
  • L’amore è una cosa troppo importante per lasciarla fare agli amanti[18]
  • L’italiano è una lingua parlata dai doppiatori.
  • La civiltà del benessere porta con sé proprio l’infelicità.
  • La Natura è un catalogo di mostruosità che tendono a conservarsi e a riprodursi. L’Uomo può essere spiegato come un errore della Natura perché riuscirà a distruggerla, insieme a se stesso.
  • Le razze esistono in quanto esseri umani nascono con attitudini ereditarie diverse e trasmettono ai loro eredi queste attitudini; che diventano filosofia, comportamento, modo di intendere la vita, la passione e il prossimo; e che di fronte a ogni situazione reagisce secondo la memoria ereditaria inconscia.
  • Mondrian, pittore realista. L’Olanda è come Mondrian la dipinge. L’equivoco è nel credere che Mondrian sia un pittore astratto. Case bianche o nere, con strisce bianche o nere e finestre rosse e blu. Linee orizzontali del paesaggio. Canali, strade, dighe.
  • Noi viviamo – grazie a Dio – in un’epoca senza fede.
  • Non c’è che una stagione: l’estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L’autunno la ricorda, l’inverno la invoca, la primavera la invidia e tenta puerilmente di guastarla.
  • Ormai non desidero che ciò che mi offrono ripetutamente.
  • Si può chiedere tutto e l’avrai, poco e non l’avrai.
  • Sognatore è un uomo con i piedi fortemente appoggiati sulle nuvole.
  • Un giovane va incontro alla vita: cioè, è la vita che da dietro lo spinge.
  • Un libro sogna. Il libro è l’unico oggetto inanimato che possa avere sogni. (1965)
  • Una volta credevo che il contrario di una verità fosse l’errore e il contrario di un errore fosse la verità. Oggi una verità può avere per contrario un’altra verità altrettanto valida, e l’errore un altro errore.

Diario notturno

Incipit

Per la verità, non amo molto viaggiare. Tutti i miei viaggi li ho affrontati malvolentieri, la realtà dei nuovi paesi equivale a quella dei vecchi. Le città mai viste, arrivandoci, mi preoccupano anzi come vere e proprie persone che bisogna prima conoscere attentamente se non si vuol correre il rischio di legarsi con un’amicizia inutile e pericolosa.
[citato in Fruttero & LucentiniÍncipit, Mondadori, 1993]

Citazioni

  • Certo, certissimo, anzi probabile.
  • “E vissero sempre infelici e scontenti.” Così, per non ingannare il suo bambino termina le favole.
  • Essere pessimisti circa le cose del mondo e la vita in generale è un pleonasmo, ossia anticipare quello che accadrà.
  • I giovani hanno quasi tutti il coraggio delle opinioni altrui.
  • Gli italiani sono irrimediabilmente fatti per la dittatura.
  • Gli presentano il progetto per lo snellimento della burocrazia. Ringrazia vivamente. Deplora l’assenza del modulo “H”. Conclude che passerà il progetto, per un sollecito esame, all’ufficio competente, che sta creando.
  • Ho poche idee, ma confuse.
  • La situazione politica in Italia è grave ma non è seria.
  • La moda – il nostro modo d’essere – è l’autoritratto di una società, l’oroscopo che essa stessa fa del suo destino.
  • Quando mai uno stupido è stato innocuo? Lo stupido più innocuo trova sempre un’eco favorevole nel cuore e nel cervello dei suoi contemporanei che sono almeno stupidi quanto lui: e sono sempre parecchi. Inutile poi aggiungere che niente è più pericoloso di uno stupido che afferra un’idea, il che succede con una frequenza preoccupante. Se uno stupido afferra un’idea, è fatto: su quella costruirà un sistema e obbligherà gli altri a condividerlo.
  • I nomi collettivi servono a far confusione. «Popolo, pubblico…». Un bel giorno ti accorgi che siamo noi. Invece, credevi fossero gli altri.
  • Sapevamo che la sola durevole felicità che ci è concessa è la morte. Ma se ne è fatto un tale parlare, che ora la detestiamo.
  • […] sono più pronto a legarmi ad un amico per solidarietà coi suoi difetti, tra i quali l’intelligenza.
  • Un tale che si apparta e che si difende a priori, quando cioè nessuno pensa di offenderlo, suggerisce ai suoi nemici l’offesa, l’attentato, perché ammette di temerli. Anche in questo caso è la richiesta che provoca l’offerta.
  • «A causa del cattivo tempo, la Rivoluzione è stata rinviata a data da destinarsi».
  • Era addetto a leggere articoli e racconti in un giornale letterario. Ricevette una lettera d’amore: non gli piacque ma, con qualche taglio e rifacendo la fine, poteva andare.
  • I fascisti sono una trascurabile maggioranza. […] Un giorno il fascismo sarà curato con la psicoanalisi.
  • Ha una tale sfiducia nel futuro che fa i suoi progetti per il passato.
  • Si levò dal letto: era bruttissima. Passò un’ora davanti allo specchio a farsi brutta.
  • La sera prima della battaglia, il colonnello chiamò i suoi ufficiali e disse loro: «Signori, “militare” è un aggettivo che seguendo il sostantivo ne peggiora il significato. Noi rispettiamo lo Stato, ma temiamo lo Stato militare; amiamo la Vita, sopportiamo la vita militare; ammiriamo il Genio, ma il genio militare non ha fatto i ponti. Stanotte alle tre avremo una sveglia militare, un caffè militare e una marcia verso il fiume. Poi: per alcuni l’ospedale militare, per altri un cimitero militare e per altri ancora una medaglia al valor militare. Conto sul vostro umorismo. Signori, siete in libertà». (p. 159)
  • […] nel nostro paese la forma più comune di imprudenza è quella di ridere, ritenendole assurde, delle cose che poi avverranno.

Don’t forget

  • C’è gente che eredita la fede, come eredita i terreni, il casato, i titoli nobiliari, il denaro, una biblioteca e il castello.[10] Fede per censo, ereditaria.[19]
  • Devoto: Fra 30 anni l’Italia sarà non come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la televisione.
  • In questi tempi l’unico modo di mostrarsi uomo di spirito è di essere seri. La serietà come solo umorismo accettabile.[19]
  • Quando l’uomo non ha più freddo, fame e paura è scontento.

Frasario essenziale per passare inosservati in società

  • In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti.
  • L’Italia è un paese dove sono accampati gli italiani.
  • Capire la Cina non è soltanto impossibile, ma inutile.
  • Ci deve essere qualcosa di più noioso dei libri che si scrivono sulla Cina: la Cina stessa.
  • Io credo soltanto nella parola. La parola ferisce, la parola convince, la parola placa. Questo, per me, è il senso dello scrivere
  • L’oppio è ormai la religione dei popoli.[20]
  • L’omosessualità per la classe povera non è un vizio ma un modo per accedere alle classi superiori.
  • La psicanalisi è una pseudo-scienza inventata da un ebreo per convincere i protestanti a comportarsi come i cattolici.
  • La religione è finita. Non c’è più nessuno che si vanti di aver portato a letto una suora.
  • La tromba al finale. La tromba allude sempre all’Apocalisse.
  • Lo sceneggiatore è un tale che attacca il padrone dove vuole l’asino.
  • Se lei si spiega con un esempio non capisco più niente.
  • Si battono per l’Idea, non avendone.
  • Famiglia romana con padre liberale e figlio mag­giore comunista, minore fascista, zio prete, ma­dre monarchica, figlia mantenuta: si sfidano tut­ti gli eventi.
  • Mi spezzo ma non m’impiego.
  • La pubblicità unisce sempre l’inutile al dilettevole.
  • In amore bisogna essere senza scrupoli, non rispettare nessuno. All’occorrenza essere capaci di andare a letto con la propria moglie.
  • Leggere è niente, il difficile è dimenticare ciò che si è letto.

Il gioco e il massacro

  • Bisogna amare soltanto Iddio e odiare soltanto se stessi.
  • Ci sono molti modi di arrivare, il migliore è di non partire.
  • Il miliardo non è più quello di una volta.
  • Il traffico ha reso impossibile l’adulterio nelle ore di punta.
  • Il vero psicanalista delle donne è il loro parrucchiere.
  • L’Inferno di Dante è pieno di italiani che rompono i coglioni agli altri.
  • La guerra è un happening, e questo spiega il successo che ha sempre avuto.
  • La pubblicità fa più danni della pornografia perché unisce l’inutile al dilettevole.
  • La stupidità degli altri mi affascina, ma preferisco la mia.
  • Le avanguardie si trovano spesso ad essere superate dal grosso dell’esercito.[19]
  • Una volta il rimorso veniva dopo, adesso mi precede.[21]

La solitudine del satiro

Incipit

Queste note, scritte in vari momenti, non sono qui in ordine cronologico. Quello che volevo ricordare è una strada, un film, un vecchio poeta: cose disparate che si mescolano poco chiaramente non solo nella memoria ma anche in un diario. I salti di tempo hanno dunque una loro ragione.

Giugno 1958
Sto lavorando, con Fellini e Tullio Pinelli, a rispolverare una nostra vecchia idea per un film, quella del giovane provinciale che viene a Roma a fare il giornalista. Fellini vuole adeguarla ai tempi che corrono, dare un ritratto di questa “società del caffè” che folleggia tra l’erotismo, l’alienazione, la noia e l’improvviso benessere. È una società che, passato lo spavento della guerra fredda e proprio per reazione, prospera un po’ dappertutto. Ma qui a Roma, per una mescolanza di sacro e di profano, di vecchio e di nuovo, per l’arrivo massiccio di stranieri, per il cinema, presenta caratteri più aggressivi, sub-tropicali. Il film avrà per titolo La dolce vita e non ne abbiamo scritto ancora una riga; vagamente prendiamo appunti e andiamo in giro per rinfrescarci i luoghi nella memoria. In questi ultimi tempi Roma si è dilatata, distorta, arricchita. Gli scandali vi scoppiano con la violenza dei temporali d’estate, la gente vive all’aperto, si annusa, si studia, invade le trattorie, i cinema, le strade, lascia le sue automobili in quelle stesse piazze che una volta ci incantavano per il loro nitore architettonico e che adesso sembrano garages.

Citazioni

  • I grandi premi non vengono mai dati allo scrittore, ma ai suoi lettori. Poveracci, se li meritano. (p. 18)
  • Il successo alla moda si ottiene con la pubblicità e si paga con la prostituzione alla folla. Invertendo l’ordine dei fattori il successo non cambia, diventa forse più duraturo, perché “sofferto”. Il successo ottenuto col merito e pagato con l’indifferenza annoia il grosso pubblico e, da qualche tempo in qua, anche gli altri. (p. 19)
  • Oh, com’è bello sentirsi profondamente intelligenti, per il Sesso sdilinquersi, per la Donna restare indifferenti… Rispondere a ogni inchiesta, avere sempre un’opinione, sottoscrivere una protesta, spiegare la situazione… Oh, com’è bello orientarsi con la moda che passa, continuamente rifarsi alla cultura di massa… Giurare sull’arte impegnata, ripetere che l’Industria è bella, e chiudere la giornata con un colpo di rivoltella… (p. 21)
  • «E ci dica, signorina, lei è stata sempre così bella, anche da ragazza?»
    «Oh, no, da ragazza ero piuttosto bruttina, tanto che i miei decisero di farmi studiare. Frequentai così tre anni di scuola media, ripetendo per guadagnar tempo, finché a sedici anni migliorai fisicamente.»
    «E questo le permise di abbandonare gli studi e di darsi alla prostituzione.»
    «Sì, infatti.»
    «Dunque possiamo dire che anche lei ha dovuto lottare per affermarsi!» (p. 34)
  • A chi può interessare.
    «Veniamo alla nostra ultima domanda: per trenta denari lei deve dirci dove si trova ora esattamente Gesù il Nazareno.» «Nell’orto dei Getsemani.» «La risposta è esatta!» (Applausi) «Andiamo, guardie!» (Escono). (p. 36)
  • Per i più piccini. Un topo, caduto in una trappola, si dibatteva furiosamente: «Niente equivoci,» disse il topo a quelli che stavano a guardarlo «io non mi batto contro la trappola, che va benissimo, ma per la cattiva qualità del formaggio». Questa la tesi che i comunisti ci hanno offerto per spiegare la rivoluzione ungherese, informandoci che hanno già provveduto a migliorare la qualità del formaggio e a rinforzare la trappola. (pp. 50-51)
  • J. P. Sartre: passa l’esistenza a entrare e a uscire dal partito comunista. (p. 61)
  • Mi telefona un tale per dirmi che sta facendo una piccola inchiesta e vorrebbe che gli rispondessi a questa domanda: di che nazionalità vorrei essere se non fossi italiano.
    […] La sua domanda è senza risposta. Si consoli pensando che per molti l’italiana non è una nazionalità, ma una professione. (p. 63-64)
  • Roma città corrotta? Non credo: troppi impiegati. Sarebbe una corruzione fondata sull’anticipo degli arretrati, su una ferma richiesta di aumenti e sull’anticipo della liquidazione. Ed è mai possibile? (p. 76)
  • Mai epoca fu come questa tanto favorevole ai narcisi e agli esibizionisti. Dove sono i santi? Dovremo accontentarci di morire in odore di pubblicità. (p. 77)
  • Pena e sospetto che suscitano le persone normali in un mondo dove interessa soltanto l’Eccezionale, in tutte le sue varietà. Così nell’uomo probo si è portati a vedere la canaglia di domani, o una canaglia che si nasconde, mentre nella canaglia di oggi si scopre un motivo di emozione. Abele viene sottoposto all’autopsia del cervello, Caino è invitato a scrivere le sue memorie. (p. 111)
  • Leggere è niente, il difficile è dimenticare ciò che si è letto.[22] E ormai non sono più gli autori ad allontanarsi dai loro libri, ma i lettori. (p. 133)
  • Fine di intervista. «Lei crede che la televisione abbia abbassato il livello culturale del pubblico?» «No, credo che abbia abbassato il livello culturale degli intellettuali.» «Se dovesse definire in poche parole il dramma della vita moderna? «Il dramma della vita moderna è questo: tutti cercano la pace e la solitudine. E per il fatto stesso di cercarle, le scacciano dai luoghi dove si trovano.» «E adesso una domanda indiscreta: perché scrive così poco?» «Caro signore, io non ho una vocazione narrativa. Scrivo, che è una cosa molto diversa». (p. 143-144)
  • Per l’aumentato benessere medio l’uomo e la donna si vanno orientando verso una morfologia utilitaria. Nelle classi giovani circolano già i modelli che verranno prodotti in larga serie nel futuro; uomini agili, sicuri, di buon affidamento e di basso consumo; donne di media statura, di facile manutenzione e dalle prestazioni standard. Lievi differenze nelle rifiniture. La natura fa ancora pochi esemplari di uomini e donne lusso, destinati allo spettacolo e al consumo collettivo d’informazione, alla pubblicità, ai rotocalchi. (p. 158)
  • Da ragazzo ero anarchico, adesso mi accorgo che si può essere sovversivi soltanto chiedendo che le leggi dello Stato vengano rispettate da chi governa (ed. Adelphi 1996, p. 158)
  • A proposito di un film di Sordi e Manfredi sull’Africa, che mi è piaciuto per la giustezza di un’osservazione di fondo, questa: l’italiano, nella sua qualità di personaggio comico, è un tentativo della natura di smitizzare se stessa. Prendete il Polo Nord: è abbastanza serio preso in sé. Un italiano al Polo Nord vi aggiunge subito qualcosa di comico, che prima non ci aveva colpito. Il Polo Nord non è più serio. La vastità della superficie ghiacciata è eccessiva. A che serve? Perché? Non si può far niente per rimediare? Pensa il personaggio comico italiano.
    La savana, la giungla, i grandi spazi dell’Africa: due italiani bastano a corromperli. «Dottore!», «Ragioniere!» Non rinunciano ai loro titoli, guardano i grandi spazi, vi si perdono, li percorrono senza convinzione, dubbiosamente, «Con lei in Africa non ci vengo più» eccetera. Quando due italiani si incontrano per caso all’estero, la loro prima reazione è un gran ridere. «Che fai qui?…» «E tu?» Infatti si suppone che se sono fuori casa è per motivi essenzialmente comici: il lavoro, la noia, una curiosità piena di riserve, le donne, i piaceri eccetera. (p. 160)
  • Quando certi uomini di teatro sollecitano la partecipazione viva del pubblico ai loro spettacoli dovrebbero meditare sui pericoli cui vanno incontro. (p. 162)
  • Una volta in un aereo di linea capitai di posto accanto a un giovane prete che volava per la prima volta. Era entusiasta e ciarliero. Mi disse che volando l’uomo realizza inconsciamente la sua più grande aspirazione spirituale, quella di essere assunto in cielo. Gli feci osservare che le assunzioni sono di prima classe o turistica. (p. 164)
  • Un critico d’arte chiese a Giorgio Morandi se era mai stato all’estero. Intendeva controllare le fonti della sua ispirazione. «Sì,» disse Morandi «ma non ci ho mai dormito.»
  • Si chiamava Libertà. Un giorno scese per strada e prese a interrogare la gente che incontrava. Le risposte che ebbe furono di questo genere: «Fatevi i fatti vostri. – Non te ne incaricare. – Impicciati per te. – Lascia perdere. – Chi te lo fa fare? – Te l’ha ordinato il medico? – Ti pagano per questo? – Sei stanca di campare? – Ti puzza di vivere? – Attacca l’asino dove vuole il padrone. – Non fare la stupida. – Non ti mettere nei guai. – Gli stracci vanno per aria. – Passata la festa gabbato il santo. – L’oro non si macchia. – Sta’ coi frati e zappa l’orto».
    Libertà disse: «Questa gente è molto saggia, non ha bisogno di me». Infatti cominciò a uscire meno e un giorno annunciò che se ne andava. Ai giornalisti che l’assediavano per conoscere i motivi della sua decisione rispose in modo alquanto enigmatico. Disse sorridendo: «La libertà va tenuta in continua riparazione». (p. 170)
  • Tutto ciò che è fuori della letteratura, all’inverso, è propaganda, od ossequio alla moda. (p. 186)
  • Le dittature hanno questo di buono, che sanno farsi amare. (p. 186)
  • Il tiranno più amato è quello che punisce per una sua esclusiva ragione, la ragione che riguarda la propria esistenza. (p. 187)
  • […] le dittature hanno infine scoperto la magnanimità. Esse condannano a morte i loro nemici (il mondo freme e sussulta), e il giorno dopo li graziano. Così il mondo respira di sollievo, scodinzola di riconoscenza e rovescia altro amore sulle magnanime dittature. (p. 187)
  • Appartengo alla minoranza silenziosa. Sono di quei pochi che non hanno più nulla da dire e aspettano. Che cosa? Che tutto si chiarisca? L’età mi ha portato la certezza che niente si può chiarire: in questo paese che amo non esiste semplicemente la verità. Paesi molto più piccoli e importanti del nostro hanno una loro verità, noi ne abbiamo infinite versioni. Le cause? Lascio agli storici, ai sociologi, agli psicanalisti, alle tavole rotonde il compito di indicarci le cause, io ne subisco gli effetti. E con me pochi altri: perché quasi tutti hanno una soluzione da proporci: la loro verità, cioè qualcosa che non contrasti i loro interessi. Alla tavola rotonda bisognerà anche invitare uno storico dell’arte per fargli dire quale influenza può avere avuto il barocco sulla nostra psicologia.
    In Italia infatti la linea più breve tra due punti è l’arabesco. Viviamo in una rete d’arabeschi. (p. 207)
  • Oggi il cretino è pieno di idee.

Tempo di uccidere

  • Il prossimo è troppo occupato coi propri delitti per accorgersi dei nostri.
  • Un buon scrittore non precisa mai.
  • Una donna che fugge attira l’inseguitore, anzi lo crea.

Citazioni su Ennio Flaiano

 

  • L’uomo più intelligente che abbia mai incontrato. Il più spiritoso. Reagiva alla cupezza del suo carattere con lucidità ironica e cinica. (Enrico Vaime)
  • La mia amicizia con Flaiano aveva un che di infantile che coinvolgeva anche i miei figli, felici di stare con lui. Che Flaiano fosse un carattere molto complesso, avrei dovuto capirlo osservandolo bene quando si levava gli occhiali. Cambiava moltissimo, perché non c’era serenità nei suoi occhi. (Suso Cecchi D’Amico)
  • Nelle sedute di sceneggiatura con Flaiano, tra chiacchiere, critiche e divagazioni sul soggetto, c’era da ricavare materia per condire dieci film; e sarebbe andato tutto perduto se fosse toccato a lui di cavarne il succo. Ho fatto centinaia di riunioni di sceneggiatura con Flaiano […] ma di pagine scritte da lui ne ho viste ben poche. Lo scrittore vero non può compiacersi nel lavoro di sceneggiatura, che deve trovare il modo di tradurre in immagini e battute dei concetti, oltre che dei fatti. […] Flaiano scrisse parecchi soggettini, ma di sceneggiature sue ne conosco due sole: quella del Melampo di cui voleva fare la regia, e che non è bella, e quella tratta dalla Recherche di Proust per René Clement, un compito del quale era molto scontento. (Suso Cecchi D’Amico)
  • Non dico il pubblico, ma neanche i registi, salvo eccezioni come Mario Monicelli o Blasetti, danno credito al lavoro degli sceneggiatori. Fellini mise a dura prova il fegato di Flaiano, dichiarando sempre a destra e a sinistra di non avere sceneggiatura, e di andare sul set con in tasca un fogliettino grande quanto il biglietto dell’autobus, sul quale nottetempo aveva segnato qualche appunto. Sfacciato. Le sceneggiature le aveva eccome, almeno fino agli ultimi tempi. (Suso Cecchi D’Amico)
  • Ti dava l’aria di farti confidenza ed era invece estremamente riservato. Piuttosto piccolo di statura e non bello, conversatore brillante e spiritoso. (Suso Cecchi D’Amico)

Beppe Severgnini e Indro Montanelli Outing sul maestro

INCONTRI. Teatro Nuovo gremito e code all’ingresso per la serata Idem
«Per la prima volta», dice il giornalista e scrittore «parlo in pubblico di lui. In troppi si dicono suoi allievi La sua scrittura era in levare. Mai parole in più»

Beppe Severgnini sul palco del Teatro Nuovo, davanti a una foto del giovane Indro Montanelli alla guerra d’Etiopia FOTO BRENZONI

Beppe Severgnini sul palco del Teatro Nuovo, davanti a una foto del giovane Indro Montanelli alla guerra d'Etiopia FOTO BRENZONI
Getta lo sguardo indietro per guardare avanti il giornalista e scrittore Beppe Severgnini, il più seguito su Twitter insieme a Roberto Saviano e l’inventore del forum Italians sul sito del Corriere della Sera: un’idea nata nel 1998, quando i giornali italiani su internet erano alle prime armi, editori e direttori studiavano il da farsi e il canale privilegiato dell’informazione era sempre e comunque la carta stampata. I tempi sono cambiati, oggi l’edicola globale è il web e la sfida pare giocarsi tutta lì, dove tutti leggono e tutti scrivono. Davvero? E Severgnini, da che parte sta? Lui mette in rete almeno un paio di tweet al giorno e prosegue con Italians, ma continua pure a scrivere articoli e saggi sulla cara, vecchia carta: l’ultimo libro è Italiani di domani. Otto porte sul futuro (Rizzoli, 180 pagine, 15 euro). Severgnini vi si dice convinto, con una metafora sportiva, che «correre tutte le distanze» non possa fare male, anzi: «i 100 metri ostacoli e la maratona non si escludono per chi si allena da atleta mentale». Carta e bit, esercizio della brevità in una citazione, ma anche dell’arte del racconto. Anche se la brevità, quasi sempre, aiuta chi scrive e chi legge. Insomma: un sostenitore delle nuove tecnologie a servizio dell’informazione, ma anche un giornalista all’antica, nel senso che non rinuncia alla scrittura, perché la forma — la chiarezza della forma — è il messaggio. Severgnini è stato ospite al Teatro Nuovo dell’associazione culturale Idem per la rassegna «Oltre confine 2013», intitolata a «maestri dello spirito»: i due della serata sono stati Indro Montanelli ed Ennio Flaiano. Per ascoltare il giornalista cremasco, tifoso dell’Inter e viaggiatore (si è presentato sul palco con le valigie), c’era una coda all’ingresso, di gente che sopportava pioggia e freddo. Forse le notizie sulla morte del giornalismo, soppiantato dalla galassia di internet, erano lievemente esagerate, se un giornalista di oggi che parla di due colleghi di ieri riempie ancora un grande teatro in un freddo lunedì sera. Severgnini ha esordito offrendo alle donne in sala un suo consiglio che ha ribattezzato «la dichiarazione di Verona», diffuso anche tramite Twitter a fine serata: «Se il vostro ragazzo non capisce le vostre battute, non cambiate battute: cambiate ragazzo». Tra una risata e una provocazione, tra i ricordi personali di uno scout che si sentiva poeta e di un ginnasiale che scriveva temi di almeno quattro facciate sul foglio protocollo, prima che una professoressa intelligente lo illuminasse con un secco «breve è meglio», Severgnini ha dato una lezione di bella scrittura e libero pensiero tracciando ritratti e ripercorrendo massime di Montanelli e Flaiano. Ma hanno fatto capolino anche Longanesi (come farne a meno, se era definito dallo stesso Montanelli «un fuoco d’artificio di trovate»), Prezzolini e Campanile. Severgnini ha colto fior da fiore da libri e articoli scritti e pubblicati tra gli anni Trenta, il Dopoguerra e i primi anni del boom economico. Montanelli e Flaiano «erano implacabili fotografi d’Italia, avevano pochi mezzi e strumenti antichi, ma sapevano dove guardare», spiega Severgnini. «Vivevano in un Paese più spartano e duro, appartenevano a una generazione cresciuta in fretta a causa della guerra e del fascismo». RISPONDENDO alle domande di Alessandra Zecchini e Andrea Battista, il giornalista ha fatto outing su quello che fu il suo maestro, Indro Montanelli, appunto: «Non ho mai parlato in pubblico di lui prima d’ora», ha iniziato. Non c’è bisogno di dire quanti siano invece gli autoproclamatisi eredi, discepoli, amici di Montanelli. «In troppi si definiscono allievi di Indro, perché in Italia ci sono molti petti da medaglie. Ma lui fu soprattutto un maestro del non dire, delle parole da non usare, della scrittura essenziale. Lo stesso è stato Flaiano». Severgnini era l’ultimo arrivato al Giornale e Montanelli fiutò in lui il talento e lo spedì come corrispondente a Londra. Lì si confermarono le capacità dell’allora ragazzo, tanto bravo a descrivere gli inglesi agli italiani (e viceversa) da essere proclamato baronetto; poi fu inviato nei Paesi dell’Est durante la caduta dei regimi comunisti e infine seguì il Montanelli in rotta con Berlusconi alla Voce, per cui fece l’inviato dagli Stati Uniti (altro amore ricambiato) per approdare infine al Corriere. Come scrivere? Un maestro così non si imita, si studia. «La scrittura di Montanelli? Era in levare; lui sì che sapeva quanto una parola in più può essere non solo pericolosa, ma dannosa». Al centro della serata non solo Montanelli e Flaiano, ma tanta letteratura e tanto giornalismo visto dalla parte delle parole, degli avverbi da evitare, degli aggettivi da dosare, dei puntini di sospensione che, quando si moltiplicano, sono sintomo di «varicella verbale». Un elogio della sintesi e dell’ironia, «l’unico modo per prendere alle spalle gli dei», citando Manganelli. Sarà per questo che Severgnini ha tirato in ballo papa Francesco: «Finalmente un papa ironico, sorridente, che parla chiaro». L’altra Roma ironica che non poteva non essere citata è quella di Ennio Flaiano, capace di sintetizzare l’Italia in una frase («La situazione politica è grave, ma non è seria». Oppure, profeticamente: «Fra trent’anni l’Italia sarà non come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la televisione»), ma anche lo sceneggiatore di tanti capolavori di Fellini, dalla Dolce Vita a Otto e mezzo, di cui la Storyville Jazz Band ha proposto un brano tratto dalla colonna sonora di Nino Rota. Severgnini — l’anglofilo, l’americano — ha concluso con un italianissimo inno al compromesso come mediazione, da lui proposta soprattutto ai giovani. «Non leggetelo come un segno di debolezza», avvisa, «perché è invece una scelta di coraggio». Un esempio dato in prima persona: Severgnini aveva citato all’inizio il Flaiano pessimista senza compromessi — «coraggio, il meglio è passato» — e finisce invece nel segno dell’ottimismo: «Se l’Italia uscirà dalla palude sarà grazie ai nostri ragazzi, aiutiamoli ad aiutarci». C.M.