Applausi per Rosencrantz e Guildenstern sono morti
Lunghi applausi alla prima nazionale di Rosencrantz e Guildenstern sono morti , regia di Leo Muscato, con Gianfelice Imparato, Daniele Liotti, Vinicio Marchioni, Beniamino Zannoni, Andrea Caimmi, Andrea Bartola, Simone Luglio, Aldo Gentileschi
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ESTATE TEATRALE. Pieno successo al Teatro Romano, in replica stasera e domani alle 21,15
Un Amleto tutto da ridere come aspettando Godot
Daniela Bruna Adami
In «Rosencrantz e Guildenstern sono morti» di Stoppard, il regista Muscato sottolinea la comicità del «teatro dell’assurdo» beckettiano Bel cast di attori, con Imparato, Liotti e Marchioni pienamente in ruolo
Si ride, eccome, assistendo a Rosencrantz e Guildenstern sono morti, che ha debuttato ieri al Teatro Romano nella serata inaugurale del 67° Festival shakespeariano, con la regia di Leo Muscato. Si ride di gusto, nonostante l’amaro della tragedia non scompaia mai del tutto, il che è proprio uno degli intenti dell’autore, l’inglese vivente Tom Stoppard. Il quale, senza apparente rispetto, riscrive l’Amleto di Shakespeare dal punto di vista dei due personaggi del titolo, nell’opera originale due comprimari e qui invece protagonisti: così la storia del principe di Danimarca che si finge pazzo diventa una filigrana sulla quale stampare una storia comune, di due uomini comuni trascinati dentro un gioco più grande di loro, che solo alla fine capiranno che il loro destino è già compiuto. Per questo spin off, Stoppard è partito dal finale di Amleto, quando viene pronunciata la frase che qui diventa il titolo della commedia. I due compagni di università di Amleto sono stati uccisi dal re d’Inghilterra al posto di Amleto, il quale aveva sostituito la lettera che chiedeva la sua morte. Da lì l’autore rivede l’intero percorso di R&G, che erano stati chiamati d’urgenza dal re di Danimarca per capire il motivo delle bizzarrie di Amleto e poi, fallita questa missione, per accompagnare il principe in Inghilterra, dove doveva essere giustiziato. Il tragitto verso Elsinore e poi verso l’Inghilterra diventa per i due un viaggio beckettiano, nel quale accadono le cose più strane senza che in realtà accada nulla, appaiono e scompaiono personaggi strampalati, si ritrovano in posti diversi senza muoversi mai. Ce ne sarebbe abbastanza per preoccuparsi e invece R&G continuano a trastullarsi con il gioco delle domande come fosse una ideale partita a tennis o lanciano all’infinito la moneta scommettendo che uscirà «testa».In realtà qualche dubbio ce l’hanno, soprattutto Guildenstern, perché le stranezze sono davvero troppe e il tempo sembra come sospeso, in attesa di un qualcosa che non accade. Sono personaggi dell’Amleto, ma potrebbero tranquillamente essere Vladimiro ed Estragone di Aspettando Godot, quando si interrogano su ciò che sta loro capitando ma non hanno gli strumenti per darsi una risposta, il che è esattamente la condizione umana di fronte al senso della vita e della morte. Parola, quest’ultima, che ritorna molte volte, come anche nell’Amleto di cui è tema fondamentale (e l’«essere o non essere, questa è la domanda» ne è la perfetta sintesi). Il regista Leo Muscato sottolinea intelligentemente l’aspetto grottesco del testo, che è puro teatro dell’assurdo, immettendovi ulteriori nonsense che compensano quanto si perde dei giochi di parole nella traduzione italiana, e gag comiche che ricordano il cinema di Buster Keaton o del primo Chaplin, ma anche le dinamiche di Stanlio e Ollio o di Timon e Pumbaa. E a differenza del film, che lo stesso Stoppard realizzò nel 1990 e che si prendeva troppo sul serio, qui il regista recupera la forza del testo e lascia che il meccanismo tragicomico compia il suo lavoro: ne esce potente il senso di straniamento di R&G, che sembrano non avere un passato (non se lo ricordano) e neppure sono sicuri di chi tra loro due è Rosencrantz e chi Guildenstern. Puro Beckett, dentro una scena del tutto elisabettiana nella scenografia, nello stile dei costumi, nella compagnia di attori esclusivamente maschile. Muscato può contare un su bel gruppo di attori, a partire dal capocomico Gianfelice Imparato, impagabile nel beffeggiare i luoghi comuni del teatro di Shakespeare e quelli di certe messinscene (anche cinematografiche) shakespeariane. E i due protagonisti, Daniele Liotti e Vinicio Marchioni, spigliati e capaci di sottigliezze, molto più convincenti che nelle precedenti prove teatrali viste a Verona, e ben affiatati tra loro. Li accompagna il gruppo dei comici, sostanziosa e preziosa spalla per il trio principale: Beniamino Zannoni, Andrea Caimmi, Andrea Bartola, Simone Luglio, Aldo Gentileschi.Repliche stasera e domani alle 21,15. Oggi alle 17,30 la compagnia incontra il pubblico alla biblioteca civica, intervistata dalla giornalista Betty Zanotelli, ad ingresso libero.