Alessandro Bergonzoni e la bellezza
Teatro Romano di Verona
Festival della Bellezza
Lunedì 6 giugno 2016, ore 21.30
Alessandro Bergonzoni
Mai mera (lectio magistralis sulla bellezza)
“Beltà abbagliante, anabbagliante o di posizione? Energia dell’invisibile, che non può esser sola: niente avvenenza se qualcosa non avviene. Un quantico delle creature, oltre lo strabismo delle veneri fino allo stranismo dei generi. Beltà che uniscono mentre dividono, contemporaneamente, arte in contemporanea”. Il funambolo dei calembour tende il filo dei doppi sensi sulla bellezza, forza parole con ironia sull’orlo delle accezioni. Scava significati, sonda sinonimi, dribbla invocazioni di vocali e devia consonanti dissonanti. Quando “la parola resiste all’assalto di qualsiasi idea”, un’idea qualsiasi può prendere senso da una proposizione disarticolata. Mera sedizione o seduzione meritata? Mai dire mai a un’attrattiva maritata con lo humor.
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L FESTIVAL. Stasera al Teatro Romano alle 21,30 lectio magistralis dell’autore bolognese
Bergonzoni, la Bellezza
sta nell’assenza di confini
Alessandra Galetto
«Porto in scena un racconto-invocazione: dobbiamo tornare a sentire il legame tra le cose, e tra le parole, questa è l’energia dell’invisibile»
La bellezza? Coscienza del «continuum», del senso sotterraneo che collega ogni cosa, e dunque ogni parola, in un tutto unitario che si tiene e muta e fluisce sotto il nostro sguardo. Perchè il contrario di bellezza è confine, il contrario di bellezza è pensare politica, scuola, malattia, arte come materie ognuna a se stante. Ancora una volta, spiazza e trascina Alessandro Bergonzoni, prima ancora di salire sul palcoscenico. Questa sera sarà l’autore e attore bolognese, tra i più originali e innovativi del nostro teatro, il protagonista del nuovo appuntamento del Festival della Bellezza al Teatro Romano, alle 21,30, con la sua lectio magistralis Mai mera. Ma già fin che al telefono ci racconta qualche frammento della serata che ci attende, Bergonzoni apre orizzonti imprevisti e imprevedibili con la sua definizione di Bellezza, e c’è da scommettere che così sarà stasera.«Quello che porto a Verona non è uno spettacolo e nemmeno è tratto da uno spettacolo, sarà una sorta di racconto-invocazione», spiega. «La Bellezza ci sta chiamando, si sta chiedendo se ci siamo, il problema siamo noi, perchè la Bellezza è dappertutto, c’è una Bellezza senza precedenti, ma la sua mancanza è il nostro bisogno di confini che ci fa leggere ogni cosa, ogni realtà in modo separato, e ci priva di poetica. Per me anche la comicità è proprio questa assenza di confini: c’è un forte bisogno di urlo, tutti non ne possiamo più, ma si tratta di un urlo vicino all’invocazione». Qualcosa di molto simile insomma a quanto Bergonzoni aveva già detto con il suo spettacolo Urge del 2010: «Questo mi sono detto nel fare voto di vastità, scavando il fosse, usando il confine tra sogno e bisogno (l’incubo è confonderli). Come un intimatore di alt, come un battitore di ciglia che mette all’asta gli apostrofi delle palpebre, come l’inventore del cuscino anticalvizie o del transatlantico anti agressione, come chi è posseduto da sciamanesimo estatico, a suon di decibellezze da scorticanto, come giaguaro che diventa uno degli animali più lenti se in ascensore e come lumaca che diventa uno dei più veloci se in aereo, così tra tellurico e onirico, tra lo scoppio delle alte cariche dello stato (delle cose), tra me e me, in uno spazio da antipodi, in un limbo dell’imparadiso (infermo di mente più che fermo di mente), ho avuto un sentore: urge».La stessa urgenza che oggi lo porta all’invocazione della Bellezza, con quella capacità di incastrare parole e giocare con i significanti per trarne nuovi significati per cui ormai la definizione di «funambolo della parola» è, per lui, una sorta di etichetta.«Sì, e non ne posso più», confessa. «Altro che funambolo o saltimbanco, semmai un saltoinaltro. Io non sono un autore, sono un autorizzato, un’antenna. Quello che dobbiamo fare è tornare a sentire, noi oggi abbiamo il potere ma abbiamo perso la potenza, quella potenza straordinaria che è bellezza. Ci vuole energia, basta con una cultura colluttoria che va bene per sciacquare la bocca, non si tratta più di mandare giù il rospo, vogliamo arrivare allo strato e non allo stato delle cose». E ancora sulla bellezza: «Beltà abbagliante, anabbagliante o di posizione? Energia dell’invisibile, che non può essere sola: niente avvenenza se qualcosa non avviene. Un quantico delle creature, oltre lo strabismo delle veneri fino allo stranismo dei generi. Beltà che uniscono mentre dividono, contemporaneamente, arte in contemporanea».