A star is born: Billie Holiday a cent’anni dalla nascita
CTG Santa Maria in Chiavica
Martedì 7 aprile 2015, ore 20.30
Ingresso libero
Il New York Times del 18 luglio 1959 apriva così il ricordo di Lady Day, nata a Baltimora il 7 aprile 1915, cento anni fa esatti, come Eleaonor Fagan, figlia di una tredicenne e un quindicenne: «Billie Holiday, famosa cantante di jazz, è morta ieri al Metropolitan Hospital. Aveva 44 anni. La morte è stata causata da una improvvisa congestione dei polmoni complicata da insufficienza cardiaca. Miss Holiday viveva al 26 della West Eighty-seventh Street. Era sotto arresto nel suo letto d’ospedale dal 12 giugno per possesso illegale di stupefacenti. Miss Holiday, durante gli anni più fecondi, ha imposto uno stile che si è dimostrato più influente di quello di qualsiasi altro cantante jazz, tranne quello dei due che l’hanno ispirata: Louis Armstrong e Bessie Smith. Miss Holiday divenne cantante più per disperazione che per desiderio».
La sua fu una storia tragica, segnata da un amaro destino, da strane storie, come quella del nome d’arte che prese, Holiday, come il padre, un chitarrista che suonava con la Fletcher Henderson’s band, e Billie come l’attrice Billie Dove (1903-1997) una delle Ziegfeld Girls, che fu al fianco del mitico Douglas Fairbanks in The Black Pirate e che venne sopranominata per la sua bellezza The American Beauty, la bellezza americana. Facile sognarla per una ragazza costretta a ogni lavoro, anche il più infimo per sopravvivere.
Per pietà offrirono a Eleanor di cantare e la fortuna le diede una mano, quando John Hammond casualmente la ascoltò e la raccomando a quel gran musicista che era Benny Goodman.
La storia, il destino, l’arte e l’impegno politico contro la segregazione razziale di Billie Holiday saranno al centro della serata “A star is born” organizzata dal Ctg e dal Cineclub Verona, nell’ambito della manifestazione «Oh Uomo! La Grande guerra».
Billie Holiday
Billie Holiday | ||
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Billie Holiday nel 1947 |
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Nazionalità | Stati Uniti | |
Genere | Jazz Swing Blues |
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Periodo di attività | 1933-1959 | |
Strumento | voce |
Eleanora Fagan[1], o Elinore Harris,[2] nota come Billie Holiday o Lady Day (Baltimora, 7 aprile 1915 – New York, 17 luglio 1959), è stata unacantante statunitense, fra le più grandi di tutti i tempi nei generi jazz e blues. Nata da genitori non sposati, Sarah Julia Fagan e il musicista Clarence Holiday,[2] noto come “Holiday”. Quando scelse il suo nome d’arte, Eleanora prese il cognome d’arte del padre e il nome “Billie” in omaggio all’attriceBillie Dove.
Biografia
Billie nacque da una notte d’amore tra il sedicenne Clarence Holiday, un suonatore di banjo, e la tredicenne Sadie Fagan, ballerina di fila.[4] Il padre non si occupò quasi mai di lei: lasciò presto la figlia per seguire le orchestre itineranti con cui suonava.
Billie ebbe un’infanzia travagliata e dolorosa. Trascorse i primi anni a Baltimora(spesso indicata come città di nascita, ma recenti ricerche hanno indicato che era nata in realtà a Filadelfia, dove sua madre Sadie lavorava come domestica.[5]) trattata duramente dalla cugina della madre alla quale quest’ultima l’aveva affidata mentre lavorava come domestica a New York. Subì uno stupro a dieci anni e in seguito dovette evitare diversi altri tentativi di violenza. Ancora bambina, raggiunse la madre a New York, e cominciò a procurarsi da vivere prostituendosi in un bordello clandestino di Harlem. Guadagnava qualche soldo in più lavando gli ingressi delle case del quartiere: non si faceva pagare solo dalla tenutaria del bordello, che in cambio le lasciava ascoltare i dischi di Bessie Smith e Louis Armstrong sul fonografo del salotto. Quando la polizia scoprì il bordello, Billie venne arrestata e condannata a quattro mesi di carcere. Rimessa in libertà, decise, per evitare di tornare a prostituirsi, di cercare lavoro come ballerina in un locale notturno. Non sapeva ballare, ma venne assunta immediatamente quando la fecero cantare e, ad appena quindici anni iniziò la sua carriera di cantante nei club di Harlem.
In questo periodo le colleghe iniziarono a chiamarla “Lady” (la signora) perché si rifiutava di ricevere le mance dai clienti prendendo, come facevano tutte, le banconote tra le cosce. Nel 1933, diciottenne, mentre cantava al “Log Cabin”, fu notata dal produttore John Hammond, che le organizzò alcune sedute in sala d’incisione con suo cognato Benny Goodman.[6] Tra il 27 novembre ed il 3 dicembre di quell’anno incise i suoi primi dischi con l’orchestra di Goodman. S’intitolavano Your Mother’s Son-in-law eRiffin’ the Scotch. I due dischi passarono inosservati. Ma Hammond continuò a credere in lei. Nel 1935 le procurò un contratto con il pianista Teddy Wilson per l’incisione di alcuni dischi per l’etichetta Brunswick. Tali incisioni ebbero successo e fecero conoscere Billie al grande pubblico. «Si imponeva per la sua voce intensamente drammatica, per la capacità di “volare” sul tempo e per l’emozione che sapeva trasmettere anche su testi a volte banali».[7]
Nel 1936 cominciò a incidere dischi col proprio nome per l’etichetta Vocalion. Successivamente lavorò con grandi nomi del jazz come Count Basie, Artie Shaw e Lester Young, al quale fu legata da un intenso rapporto d’amicizia e per il quale coniò il soprannome “Prez” (“il presidente”), mentre egli inventò per lei l’adesso noto “Lady Day”[8].
Billie Holiday, con l’aiuto e il supporto di Artie Shaw, fu tra le prime cantanti nere ad esibirsi assieme a musicisti bianchi, superando le barriere razziali.[9] La Holiday nei locali dove cantava doveva comunque utilizzare l’ingresso riservato ai neri, e rimanere chiusa in camerino fino all’entrata in scena. Una volta sul palcoscenico, si trasformava in Lady Day: portava sempre una gardenia bianca tra i capelli, che divenne il suo segno distintivo.
Nel 1939, sfidando le discriminazioni razziali che colpivano i neri, cantò una canzone coraggiosa, Strange Fruit (Grammy Hall of Fame Award 1978): il frutto era il corpo di un nero ucciso dai bianchi ed appeso a un albero. La canzone divise il pubblico; la Holiday poté eseguirla solo se la direzione del club lo consentiva previamente.
All’inizio degli anni quaranta la sua vita subì due forti scosse: un matrimonio breve e tormentato e la morte della madre. Prostrata, cominciò ad assumere stupefacenti come eroina e marijuana. La sua voce iniziò a risentirne. Ciò non le impedì, nel 1944, di realizzare eccellenti incisioni per la Commodore con l’orchestra del pianista Eddie Heywood come il singolo Embraceable You(Grammy Hall of Fame Award 2005).
Nel 1947 apparve nel film-musical New Orleans accanto a Louis Armstrong. Successivamente assunse un nuovo impresario, Norman Granz, che le procurò scritture con importanti musicisti jazz: Benny Carter, Oscar Peterson, Ben Webster, Coleman Hawkins, Buck Clayton, Tony Scott e il pianista Mal Waldron, che negli ultimi anni l’accompagnò in tutti i suoi concerti.
Nel 1954 andò in tournée in Europa. Venne in Italia una sola volta, nel 1958 aMilano, dal 3 al 9 novembre ma in un teatro di avanspettacolo. Il pubblico, non abituato al jazz, non gradì lo spettacolo e la Holiday non poté nemmeno cantare tutti i brani in scaletta: dopo il quinto pezzo venne fatta tornare in camerino[10]. Il 9 novembre, ultimo giorno di permanenza a Milano della cantante, fu organizzato da appassionati e intenditori di jazz uno spettacolo “riparatore” al Gerolamo, in piazza Beccaria, grazie al fido Mal Waldron. Il pubblico le tributò una vera e propria ovazione.
Morì per le complicazioni di una cirrosi epatica a soli 44 anni il 17 luglio 1959 in un letto del Metropolitan Hospital di New York, sorvegliata da un agente del servizio narcotici. Il 15 marzo era scomparso il suo vecchio amico Lester Young, al cui funerale non aveva potuto cantare. La Holiday non si è mai sposata e non ha mai avuto figli.
La carriera e la vita di Billie Holiday furono segnate dalla dipendenza dall’alcool e dalla droga, da relazioni burrascose e da problemi finanziari. Anche la sua voce ne risentì, e nelle sue ultime registrazioni l’impeto giovanile lasciò il posto al rimpianto. Il suo impatto sugli altri artisti fu comunque notevole in ogni fase della sua carriera.
Tra le canzoni più famose del repertorio di Billie Holiday vanno ricordate God Bless the Child (da lei composta) (Grammy Hall of Fame Award 1976), Lover Man del 1945 premiata Grammy Hall of Fame Award 1989, I Loves You Porgy e The Man I Love di George Gershwin, Billie’s Blues, Fine and Mellow, Stormy Weather, Strange Fruit. Quest’ultima canzone fu negli anni quaranta l’inno della protesta per i diritti civili:
(EN)« Southern trees bear a strange fruit Blood on the leaves and blood at the root Black body swinging in the Southern breeze Strange fruit hanging from the poplar trees… » |
(IT)« Gli alberi del sud hanno un frutto strano, sangue sulle foglie e nelle radici, un corpo nero penzola nella brezza del sud, un frutto strano che pende dai pioppi… » |
(Strange Fruit) |
Billie Holiday nel 1956 scrisse la sua autobiografia, Lady Sings the Blues. In Italia è stata pubblicata da Longanesi nel1959 con il titolo La signora canta il blues, nella traduzione di Mario Cantoni.
Nel 2002 l’album Lady Day: The Complete Billie Holiday on Columbia 1933–1944 vince il Grammy Award for Best Historical Album.
Citazioni e riferimenti
Anche dopo la morte Billie Holiday continuò ad influenzare cantanti affermate come Janis Joplin, Nina Simone e in ItaliaGiorgia Todrani.
- Diana Ross la interpretò nel film La signora del blues, tratto dalla sua autobiografia;
- Alla fine degli anni ottanta, gli U2 le dedicarono Angel of Harlem: «Lady Day got diamond eyes, she sees the truth behind the lies» (“Lady Day ha occhi di diamante, vede la verità dietro le bugie”);
- Lou Reed intitolò Lady Day una delle sue più intense canzoni, secondo brano del concept album Berlin. Si tratta di un crudo ed ironico ritratto femminile, chiaramente ispirato alla leggendaria figura della Holiday;
- Lo scrittore Stefano Benni compose e interpretò Lady Sings the Blues, graffiante ritratto della cantante[11].
- Nel 2006 il Teatro Nazionale Croato di Spalato mise in scena Billie Holiday, scritta dal cineasta Arsen Anton Ostojić e dall’attrice/cantante Ksenija Prohaska[12] che la interpretò.
Discografia
Album
Anno | Titolo | Etichetta e Num. Cat. |
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1946 | Billie Holiday | Commodore CR-2 (4 dischi a 78 giri) |
1947 | Billie Holiday – Teddy Wilson | Columbia C-61 (4 dischi a 78 giri) |
1947 | A Hot Jazz Classic Set, Vol.1 | Columbia-135 (4 dischi a 78 giri) |
1947 | Distinctive Song Stylings | Decca A-652 (4 dischi a 78 giri) |
1949 | Teddy Wilson And His Orchestra Featuring Billie Holiday (10″) | Columbia CL-6040 |
1950 | An Evening With Eddie Heywood and Billie Holiday(10″) | Commodore FL 30001 |
1950 | Ella, Lena and Billie (10″) | Columbia CL 2531 |
1950 | Billie Holiday Sings (10″) | Columbia CL 6129 |
1950 | Billie Holiday Volume One (10″) | Commodore 20005 |
1950 | Billie Holiday Volume Two (10″) | Commodore 20006 |
1951 | Favorites (10″) | Columbia CL 6163 |
1951 | Lover Man (10″) | Decca DL 5345 |
1951 (pubblicato nel 1964) | A Rare Live Recording Of Billie Holiday (Storyville) | M2001 |
1952 | Billie Holiday Sings | Clef MGC 118 (10″) Mercury 89002 (4 dischi a 78 giri) |
1953 | An Evening With Billie Holiday | Clef MGC 144 (10″) Mercury 89028 (4 dischi a 78 giri) |
1954 | Billie Holiday | Clef MGC 161 (10″) Mercury 89045 (4 dischi a 78 giri) |
1954 | Billie Holiday at JATP | Clef MGC 169 (10″) Mercury 89053 (4 dischi a 78 giri) |
1954 | Billie Holiday and Teddy Wilson Orchestras | Columbia 33 S 1034 |
1954 | Lady Day | Columbia CL 637 |
1954 | Billie Holiday Volume One | Jolly Roger 5020 |
1954 | Billie Holiday Volume Two | Jolly Roger 5021 |
1954 | Billie Holiday Volume Three | Jolly Roger 5022 |
1955 | A Collection of Classic Jazz Interpretations by Billie Holiday (10″) | Columbia B-1949 |
1955 (pubblicato nel 1958) | Stay With Me | Verve MGV 8302 |
1955 | Music for Torching | Clef MGC 669 / Verve MV 2595 |
1956 | Recital by Billie Holiday | Clef MGC 686 |
1956 | Solitude | Clef MGC 690 / Verve V6-8074 |
1956 | Hall of Fame Series (7″) | Columbia B-2534 |
1956 | Velvet Mood | Clef MGC 713 |
1956 | Billie Holiday at JATP | Verve MGC 718 |
1956 | The Lady Sings | Decca DL 8215 |
1956 | Lady Sings the Blues | Clef MGC 721 / Verve MV 2047 |
1956 (pubblicato nel 1959) | All or Nothing at All | Verve MGV 8329 |
1956 (pubblicato nel 1961) | Carnegie Hall Concert | Verve V6-8410 |
1957 (pubblicato nel 1958) | Songs for Distingué Lovers | Verve MGV 8257 / Verve 2352 085 |
1957 (pubblicato nel 1960) | Body and Soul | Verve MGV 8197 |
1957 | Ella Fitzgerald and Billie Holiday at Newport | Verve MGV 8234 |
1957 (pubblicato nel 1999) | A Midsummer Night’s Jazz at Stratford ’57 | Baldwin Street 308 |
1957 | Sound of Jazz | Columbia CL 1098 |
1958 | Lady in Satin | Columbia CL 1157 |
1958 | The Blues Are Brewin’ | Decca DL 8701 |
1958 | Lover Man | Decca DL 8702 |
1958 | Billie Holiday | Commodore 30008 |
1958 (pubblicato nel 1986) | At Monterey | Blackhawk 50701 |
1959 | Seven Ages of Jazz | Metrojazz 1009 |
1959 | Billie Holiday | MGM 3764 |
2001 | Lady Day: The Complete Billie Holiday on Columbia 1933–1944 | Legacy Recordings |
Singoli
Anno | Singolo | Posiz. class. | ||||
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Pop | US R&B |
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1934 | Riffin’ the Scotch | 6 | ||||
1935 | What a Little Moonlight Can Do | 12 | ||||
Twenty-Four Hours a Day | 6 | |||||
If You Were Mine | 12 | |||||
1936 | You Let Me Down | 18 | ||||
These Foolish Things (Remind Me of You) | 5 | |||||
It’s Like Reaching for the Moon | 17 | |||||
No Regrets | 9 | |||||
Summertime | 12 | |||||
A Fine Romance | 9 | |||||
Let’s Call a Heart a Heart | 18 | |||||
The Way You Look Tonight | 3 | |||||
Who Loves You | 4 | |||||
That’s Life, I Guess | 20 | |||||
I Can’t Give You Anything But Love (Dear) | 5 | |||||
1937 | Pennies from Heaven | 3 | ||||
I’ve Got My Love to Keep Me Warm | 4 | |||||
Please Keep Me in Your Dreams | 13 | |||||
This Year’s Kisses | 8 | |||||
Carelessly | 1 | |||||
How Could You | 12 | |||||
Moanin’ Low | 11 | |||||
They Can’t Take That Away from Me | 12 | |||||
Mean to Me | 7 | |||||
Easy Living | 15 | |||||
Yours & Mine | 16 | |||||
Me, Myself & I | 11 | |||||
A Sailboat in the Moonlight | 10 | |||||
Getting Some Fun Out of Life | 10 | |||||
Trav’lin’ All Alone | 18 | |||||
Nice Work If You Can Get It | 14 | |||||
1938 | My Man | 12 | ||||
You Go to My Head | 20 | |||||
I’m Gonna Lock My Heart | 2 | |||||
1939 | Strange Fruit | 16 | ||||
1941 | God Bless the Child | 25 | ||||
1942 | Trav’lin’ Light | 23 | 1 | |||
1945 | Lover Man (Oh, Where Can You Be?) | 16 | 5 |
Note
- ^ a b Billie Holiday Biography – life, family, childhood, name, death, history, mother, young, information, born, drugs
- ^ a b c Billie Holiday Biography – Facts, Birthday, Life Story – Biography.com
- ^ Billie Holiday | Biography
- ^ Nella sua autobiografia, la Holiday dice che sua madre aveva tredici anni, ma pare che ne avesse in realtà sedici.
- ^ Stuart Nicholson Billie Holiday, Northeastern University Press, 1997. ISBN 978-1555533038
- ^ Allora non era ancora diventato «re dello swing».
- ^ Adriano Mazzoletti, «La voce del jazz», Liberal, 10 ottobre 2009.
- ^ aggiungendo “Day” al nomignolo “Lady” con cui Billie era già conosciuta, perché facesse assonanza con “Holiday”
- ^ La Holiday descrive la sua tournée con l’orchestra (bianca) di Artie Shaw negli stati segregazionisti del Sud come un’esperienza defatigante, in cui i musicisti dell’orchestra rischiarono di essere aggrediti quasi a ogni tappa a causa della presenza di Billie. Quando infine l’orchestra arrivò a New York, proprio nella città di Billie, e con grande amarezza di tutti, gli impresari disposero di non fare alloggiare la cantante nello stesso hotel dell’orchestra.
- ^ Adriano Mazzoletti, op. cit.
- ^ Si veda il collegamento: Un inedito di Stefano Benni
- ^ Già Marlene Dietrich nel film hollywoodiano Bugsy di Barry Levinson.
Bibliografia
- Billie Holiday, La signora canta il Blues, Feltrinelli, 1996. ISBN 88-078-1405-6
- Julia Blackburn, Lady Day. La vita e i tempi di Billie Holiday,2007. ISBN 978-8842813309