Molto rumore per nulla (prima nazionale) al Teatro romano
Molto rumore per nulla di William Shakespeare
10 – 11 – 12 – 13 luglio 2013, ore 21.15 Teatro Romano – Regaste Redentore 2 – Verona Continue Reading
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Direttore d’orchestra | Giuliano Carella |
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Regia e scene | Franco Zeffirelli |
Costumi | Raimonda Gaetani |
Coreografia | El Camborio ripresa da Lucia Real |
Maestro d’armi | Renzo Musumeci Greco |
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[toggle title=”Esegesi e sinopsi”]
L’opera della maturità verdiana
Il Trovatore è una delle tre grandi opere (assieme a Rigoletto e a La Traviata) con le quali Giuseppe Verdi raggiunse la piena maturità artistica e fu riconosciuto come il massimo compositore italiano dell’Ottocento.
Dopo il successo di Rigoletto alla Fenice di Venezia nel marzo 1851, Verdi tornò a Busseto dove conviveva con il soprano Giuseppina Strepponi scandalizzando tutto il paese.
Il lavoro successivo aveva già cominciato a prendere forma nel gennaio di quell’anno, quando il Maestro aveva consigliato al librettista Salvatore Cammarano di comprare una copia di El Trovador, dello scrittore spagnolo Antonio Garcìa-Gutiérrez. Si di un dramma d’ispirazione romantica, rappresentato a Madrid nel 1836, che aveva riscosso un grande successo e aveva colpito il pubblico soprattutto per la potenza e l’originalità della trama e dei personaggi. Verdi stesso amava queste qualità e prese accordi con Cammarano per un libretto che s’ispirasse a tale soggetto. Una volta libero dagli impegni per il Rigoletto, quindi, cominciò a pensare all’opera che si sarebbe intitolata Il Trovatore.
Poiché Verdi e Cammarano lavoravano a distanza e tra i due ci fu un’intensa corrispondenza per definire una bozza. Una volta letto lo schema per il libretto, il compositore diede alcuni suggerimenti per dei cambiamenti, e continuò a farlo mano a mano che il lavoro procedeva. Teneva particolarmente alla fedeltà verso il dramma spagnolo, del quale lo affascinavano “la novità e bizzarria”.
Nell’inverno tra il 1851 e il 1852 la coppia Verdi-Strepponi si trasferì a Parigi, dove il musicista visse un periodo particolarmente impegnativo. Lavorava al Trovatore, aveva firmato un contratto con l’Opéra di Parigi per una nuova opera (Les Vêpres siciliennes) e assistette alla riduzione teatrale de La Dame aux Camélias, di Dumas figlio che gli ispirò La Traviata.
Nel marzo 1852 il Maestro tornò a Busseto, assieme a Giuseppina, e continuò a lavorare sul Trovatore, pur essendo continuamente ostacolato dalle precarie condizioni di salute del suo librettista e da quelle del padre (la madre era morta l’anno prima). Corrispondeva inoltre con Francesco Maria Piave per il libretto della Traviata.
Purtroppo, nel luglio dello stesso anno, sopraggiunse la morte di Cammarano. Il libretto non era ancora completo, così il poeta napoletano Leone Emanuele Bardare fu incaricato di portarlo a termine seguendo gli appunti lasciati dal precedente autore. La nascita del libretto fu quindi abbastanza sofferta, ma fortunatamente la composizione della musica fu più breve: si realizzò nel giro di un mese nel novembre 1852. Questo probabilmente avvenne perché già da un anno il progetto era ben chiaro nella mente del musicista.
Una volta completata la sua ultima fatica, Verdi doveva trovare un teatro dove rappresentarla. Inizialmente, conoscendo il legame di Cammarano con Napoli, aveva pensato al Teatro San Carlo, ma poi decise di scegliere un teatro che disponesse degli interpreti più adatti. Alla fine trovò un accordo soddisfacente con l’Apollo di Roma, e la data della prima fu fissata per il 19 gennaio 1853.
Per Verdi fu un successo senza precedenti. Il pubblico ne fu entusiasta, La Gazzetta Musicale lo definì come un trionfo meritato e Il Trovatore fu definito un capolavoro, come viene considerato tutt’ora.
La vicenda si svolge in Biscaglia e in Aragona, al principio del secolo XV.
ATTO I
Il Duello
Scena Prima
Nel palazzo dell’Aliaferia in Biscaglia.
Nell’atrio del palazzo, i familiari e gli armigeri del Conte di Luna attendono il rientro del loro giovane signore. Il conte è innamorato di Leonora, dama della regina, e trascorre buona parte della notte a sorvegliare la dimora della giovane, preoccupato ch’ella ceda alla corte del suo temuto rivale: il trovatore. Ferrando, capitano delle guardie, racconta la fosca vicenda di un’abbietta zingara, condannata al rogo per maleficio, e di sua figlia Azucena che, per vendicare la madre, rapì uno dei due figli del vecchio Conte di Luna e lo gettò nello stesso rogo. Il nobile signore morì sopraffatto dal dolore per la perdita del figlio. Il racconto è raccapricciante e i presenti imprecano contro la malvagia fattucchiera, di cui si sono perse le tracce, mentre il fantasma della vecchia zingara infesta ancora il castello, dove appare allo scoccare della mezzanotte terrorizzando la servitù.
Scena Seconda
Nei giardini del palazzo.
Leonora confida all’amica Ines il suo amore per il “trovatore”, cavaliere sconosciuto, vincitore di tornei, il quale intona per lei affascinanti canti nel silenzio della notte. Quando le due donne rientrano, avanza il Conte di Luna, deciso a parlare a Leonora ma il suono del liuto del Trovatore ed il suo canto lo fermano. Consumato dalla gelosia, il conte cerca di attirare l’amata in una trappola: si nasconde nel mantello e attende. Quando Leonora scende nel giardino attratta dalla musica, scambia il conte per l’amato, e lo abbraccia dichiarandogli il suo amore. Il Trovatore assiste sbigottito ed accusa la dama d’infedeltà, ma, accortasi dell’errore, Leonora chiarisce l’equivoco e si getta ai suoi piedi confermandogli così il suo affetto. Furente d’ira, il Conte costringe il rivale a dichiarare la sua identità: egli è Manrico, un seguace del ribelle Conte Urgel. Il conte, sdegnato, lo sfida a duello e i due si allontanano con le spade sguainate, mentre Leonora cade, priva di sensi. Nel duello, il Conte rimarrà ferito ma il rivale gli risparmierà la vita.
ATTO II
La Gitana
Scena Prima
Un accampamento di zingari sulle montagne in Biscaglia.
Manrico è con Azucena di cui crede di essere figlio. Ella gli racconta di come la propria madre fu accusata da un arrogante conte di avergli stregato il giovane figlio e di come la povera donna fu condotta in catene proprio in quel luogo ad affrontare il crudele destino. Racconta poi che lei stessa aveva seguito il corteo piangendo con il proprio figlio tra le braccia, e che sua madre fu arsa sul rogo. Le sue ultime parole furono “Vendicami”: quelle parole sono sempre rimaste nel suo cuore. Manrico le chiede quindi se sua madre sia mai stata vendicata e Azucena gli risponde che ella rapì il figlio del conte e lo portò sul luogo dove il rogo bruciava ancora. Nonostante il suo istinto materno e il pianto del bambino, una visione le tornò agli occhi ricordandole l’orribile scena appena vissuta e buttò il bambino nel fuoco. La visione sparì e la zingara si accorse di avere vicino il figlio del conte: il bambino bruciato nel rogo era il suo.
Azucena è tremante e Manrico è inorridito dal racconto. Improvvisamente è assalito dal dubbio: chi è lui se non è figlio di Azucena? Perché ha fermato trepidante la mano nel duello con il Conte di Luna? Azucena gli assicura di essere sua madre e spiega che il ricordo di quell’orribile evento l’ha indotta a dire parole assurde. Lo esorta quindi a vendicare sua madre, e Manrico giura di farlo.
Nel frattempo, un messo porta la notizia che Leonora, ritenendolo morto, si accinge a prendere il velo per sfuggire alle insidie del Conte. Il Trovatore decide allora di partire, nonostante l’opposizione di Azucena, per impedire all’amata di entrare in convento.
Scena Seconda
Un convento vicino alla fortezza di Castellor. È notte.
Il Conte di Luna, appresa la decisione di Leonora e convinto della morte del suo rivale, giunge con i suoi fidi al convento per strappare al chiostro la dama. Leonora si appresta ad entrare a far parte della comunità religiosa e conforta le dame che l’accompagnano e che si mostrano tristi per la sua decisione. Il Conte le sbarra il passo con la ferma intenzione di rapirla, ma all’improvviso compare Manrico. Nasce un acceso scontro, nel corso del quale i sopravvenuti seguaci di Urgel disarmano il Conte e i suoi. Il Trovatore può così fuggire con la giovane.
ATTO III
Il Figlio della Zingara
Scena Prima
Accampamento delle truppe regie vicino alla fortezza di Castellor.
Le truppe regie, al comando del Conte di Luna, sono accampate nei pressi di Castellor, espugnato dagli armigeri di Urgel, ed attendono di sferrare l’attacco per il quale giungono rinforzi. Ferrando annuncia al Conte la cattura di una zingara ritenuta una possibile spia: è Azucena. Interrogata, la donna dichiara di venire dalla Biscaglia per ritrovare il figlio che l’ha abbandonata; ma Ferrando riconosce in lei la rapitrice del bambino. Azucena invoca il soccorso di Manrico: il Conte è allora soddisfatto di avere nelle sue mani l’assassina di suo fratello e madre del suo rivale e dà quindi ordine che sia bruciata sul rogo.
Scena Seconda
Atrio della Cappella di Castellor.
Manrico e Leonora si stanno avviando all’altare per celebrare le loro nozze. La dama è preoccupata per l’attacco dell’esercito del re, ma il Trovatore la conforta assicurandole che, una volta suo sposo, combatterà con maggiore coraggio. Arriva trafelato Ruiz, per comunicare che gli sgherri si apprestano a preparare il rogo per Azucena. Manrico rivela allora a Leonora che la zingara è sua madre e corre in suo soccorso.
ATTO IV
Il supplizio
Scena Prima
Un’ala del palazzo dell’Aliaferia.
Manrico è stato catturato ed è rinchiuso, condannato a morte, nella torre del palazzo dell’Aliaferia. Si ode la campana dei morti ed il “Miserere” per i condannati. Leonora ai piedi della torre ascolta l’ultimo addio dell’amato: è decisa a salvarlo a prezzo della propria vita. Promette, quindi, al Conte di Luna di farsi sua se egli libererà il trovatore. Il nobile, sempre innamorato, accetta. A questo punto Leonora chiede ed ottiene di portare al prigioniero notizia della grazia, ma furtivamente ingerisce un veleno racchiuso in una gemma.
Scena seconda
La prigione all’interno della torre nel palazzo reale in Biscaglia.
Nel carcere, Manrico veglia Azucena tormentata dalla sua vicina esecuzione. Inaspettata giunge Leonora che gli si getta fra le braccia annunciandogli la grazia ed esortandolo alla fuga. Egli dapprima esulta, poi, capito il duro prezzo del riscatto, aggredisce la donna e rifiuta sdegnosamente la clemenza. Ma il veleno fa effetto rapidamente: Leonora muore, mentre Manrico si strugge dal dolore e dal rimorso. Il Conte di Luna si rende conto che la donna lo ha ingannato e che muore per il suo vero amore quindi ordina agli sgherri di eseguire la sentenza di morte di Manrico, obbligando Azucena ad assistere al supplizio dalla finestra della prigione. Quando la scure ha decapitato l’infelice, la zingara, quasi impazzita, rivela al Conte, inorridito:”Egli era tuo fratello! Madre, ora sei vendicata”.
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[toggle title=”Altre date”]10-20-24-27 luglio 2013, Arena di Verona – Festival del centenario[/toggle]
VERONA CITTA’ CONTEMPORANEA
mostra collettiva di pittura scultura e fotografia
Palazzo della Gran Guardia dall’1 al 15 luglio 2013
L’esposizione ospita circa 150 opere di varie tendenze artistiche tra sculture e pitture, realizzate da 36 artisti emergenti (27 pittori e 9 scultori), provenienti da Veneto, Piemonte, Liguria, Trentino e Umbria oltre che da Russia, Germania ed Albania.
Inaugurazione: sabato 6 luglio 2013, ore 18.00 Continue Reading
La 1^ Circoscrizione Centro Storico, in collaborazione con l’Associazione “Dau Group”, promuove la mostra di pittura, fotografia, scultura e poesia
a cura di Sara Rassech
dal 6 al 14 luglio 2013
presso Sala Birolli, Via Macello, 17 (Quartiere Filippini) Continue Reading
Dal 21 giugno al 18 luglio 2013 un’estate di eventi tra teatro, cinema e musica al Forte Santa Caterina di Verona. Continue Reading
I Concerti del Chiostro 2013
dal 21 giugno al 30 luglio una rassegna di concerti gratuiti e accessibili all’auditorium e al chiostro del Conservatorio “E. F. Dall’Abaco” Continue Reading